di Rita Chessa
Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Ogni anno, durante questa giornata, si ricordano le vittime dell’Olocausto, delle leggi razziali, coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere gli ebrei, i deportati militari e politici, tutti i perseguitati dalla Germania nazista per differenze di razza, orientamento sessuale, condizione cagionevole di salute fisica e mentale. Gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211 definiscono le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria: “In occasione del “Giorno della Memoria” sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.” Eppure è impossibile non pensare ad un secondo Olocausto nello svolgere lo sguardo verso i disperati che arrivano sulle nostre coste e i numerosi morti. Incontrai John per il progetto “(A)mare Conchiglie” videoperformance dove i protagonisti, migranti dal mare ed ex emigrati italiani all’estero, hanno raccontato le loro vicende in un parallelismo tra la nostra e la loro storia. John è uno dei tanti migranti di un centro di accoglienza di Nettuno: “Nelle prigioni libiche sotterranee vivevamo stipati in celle scavate nel terreno. Per sopravvivere cercavamo di farci spazio utilizzando strumenti di fortuna, addirittura i cucchiai. Chi si ammalava veniva portato via. Ricordo l’ultima volta che ho posato gli occhi sui volti di molti amici. Ci raccontavano che veniva fatta loro una iniezione. Non facevano più ritorno.” E mentre la storia ci insegna quanto sia pericolosamente facile il perpetrarsi degli errori/orrori, il 25 e 26 gennaio gli studenti pontini delle scuole medie di Latina ed Aprilia sono partiti in visita al campo di concentramento di Auschwitz. Una iniziativa che prende il nome di “Viaggio della Memoria”, organizzata ogni anno dal Miur in collaborazione con l’Ucei e con la Fondazione museo della Shoah. Un viaggio istituzionale in Polonia e nel campo di Auschwitz-Birkenau a cui partecipano studenti delle scuole secondarie, il ministro dell’istruzione e altri membri del governo italiano. Il 27 gennaio il Comune di Aprilia ha esposto le bandiere a mezz’asta e il 28 gennaio il sindaco Antonio Terra sarà presente a Latina per la cerimonia al defunto Arturo Di Muccio, cittadino di Aprilia insignito della Medaglia d’onore come sopravvissuto ai campi di concentramento durante il nazismo. Valentina, studentessa universitaria di Aprilia mi confida: “Presi parte a uno di questi viaggi della Memoria durante l’ultimo anno di liceo. Visitammo i forni crematori, il silenzio diventava tutt’uno col freddo, potevi ascoltare la paura arrivare. L’occhio cadde su una fotografia con un gruppo di prigionieri dietro le transenne di una finestra di uno dei compartimenti del campo. Bastò posizionarsi dietro la stessa finestra e ripetere la posizione e il gesto di uno di quegli uomini ed osservare attraverso quelle sbarre. Pensavo: sono qui e sto scrutando il mondo da quello stesso identico scorcio, ma io non ho il terrore di morire da un momento all’altro. Una paura che invece ha provato all’epoca quell’uomo in foto e altri milioni che ora vivono nelle zone di guerra.”
Attualmente, secondo la fonte “guerre nel mondo” aggiornata al 17 gennaio 2019, sono 68 gli Stati coinvolti nei conflitti. Nel centro urbano di Aprilia troneggia la statua del patrono della città “San Michele Arcangelo”, su cui sono ancora visibili le ferite storiche arrecate dalla battaglia tra Tedeschi ed Alleati durante l’ultimo conflitto mondiale. Quelle lesioni sull’opera di Venanzo Crocetti si fanno significante di un toccante memento et ne obliviscaris della città.