“Una città impregnata di valori cristiani che si notato in tutti i settori”
“La ricchezza risiede nella diversità di culture provenienti da tutta Italia e ora da tutte le parti del mondo”
di Riccardo Toffoli
Don Franco Marando compie 10 anni nella guida pastorale di San Michele Arcangelo, parrocchia madre di Aprilia. Un numero importante che per lui coincide con un altro traguardo di vita. Il 3 gennaio ha compiuto 70 anni e già mette le mani avanti: “A 75 anni stop”. Con Don Franco Marando si ritrova così una certa continuità nella guida della comunità parrocchiale di san Michele Arcangelo, dopo la fine dell’amata e indimenticabile gestione dei parroci dell’Istituto San Raffaele di Vittorio Veneto. L’ultimo parroco dell’istituto, Don Antonio Muraro, ha lasciato la guida apriliana nel 2007 per ritornare nella diocesi di Vittorio Veneto. È, ancora oggi, parroco della Chiesa San Giovanni del Tempio nel Comune di Sacile, in provincia di Pordenone. Don Franco Marando ha assunto la guida pastorale della parrocchia di San Michele Arcangelo nel 2013. Era esattamente il 1 ottobre 2013. Succedeva a Don Giovanni Cassata, che fu il primo prete diocesano a San Michele dopo la lunga gestione affidata ai preti del San Raffaele.
Se i sacerdoti che hanno guidato lo sviluppo non solo religioso, ma anche sociale e culturale della città di Aprilia, venivano tutti dal Nord, Don Franco Marando è originario del sud. Nasce a Cittanova, un Comune della provincia di Reggio Calabria il 3 gennaio 1954. “Mi sono trovato a frequentare la chiesa per la preparazione alla prima comunione e decisi di continuare –ci spiega Don Franco- con il tempo ho maturato il desiderio di entrare in seminario. Ricordo che mio papà non la prese molto bene ma mi ha dato ugualmente il consenso e mi ha lasciato completa libertà di scelta”. Don Franco Marando ha studiato quindi ad Ariccia nello studentato attivato nella diocesi di Albano da un sacerdote di origine calabrese, Padre Vincenzo Idà. Ad Ariccia è stato ordinato sacerdote. Ha studiato alla Lateranense di Roma e alla Pontificia Università Antoniana (all’epoca Ateneo Antoniano). Inoltre è laureato in psicologia all’Università La Sapienza di Roma. Si può dire che sia apriliano ormai acquisito, anche se torna sempre nella sua Calabria durante l’estate e quando riprende le redini della parrocchia, è nero come un tizzone di carbone, abbronzato dal sole, come accadeva fin da quando era bambino. Uomo pratico, di poche parole e molto restio ad apparire. Gli piace la semplicità, non solo nella vita di tutti i giorni e nella gestione della parrocchia, ma anche nella liturgia, che- egli stesso dice- “deve essere nobile, ma semplice e bella”. Ottimo amministratore, senza dubbio. In questi 10 anni ha sistemato tante situazioni delicate rimaste in sospeso e si avvia alla ristrutturazione non solo della canonica, ma del centro Don Milani che sarà sicuramente, quando il progetto vedrà la luce, il suo lascito più tangibile della sua presenza qui a San Michele. Don Franco Marando è stato parroco della parrocchia di Campoleone per 17 anni. Poi il Vescovo nel 2001 gli ha dato incarichi impegnativi: è stato parroco del santuario di Collefiorito a Pomezia, della parrocchia di Sant’Agostino a Campo Ascolano sempre a Pomezia, dove ha guidato e realizzato la costruzione del nuovo complesso parrocchiale in viale Po, e la parrocchia di San Pietro Apostolo a Pratica di Mare. Quindi è stato parroco della parrocchia di San Giuseppe Artigiano e Martin Pescatore a Torvaianica. Nel 2005 viene nominato parroco della parrocchia della Beata Vergine Immacolata di Torvaianica, la chiesa centrale e nel 2010 è parroco della Cattedrale di Albano. Dal 2007 è Vicario Generale della diocesi di Albano, incarico che ha ricoperto e ricopre ininterrottamente fino ad oggi insieme alla guida della parrocchia di San Michele Arcangelo.
Don Franco, facciamo il punto di 10 anni di presenza qui a San Michele.
“Sono 10 anni volati posso dire. Qui il tempo è passato più velocemente che altrove. Sono stati 10 anni ricchi ed intensi di attività e di emozioni. La guida della parrocchia ha comportato un impegno non indifferente anche sotto il profilo amministrativo. Ma posso dire di aver trovato qui la vera e propria eredità dei parroci che mi hanno preceduto, mi riferisco in particolar modo ai sacerdoti dell’Istituto San Raffaele di Vittorio Veneto”.
Parliamo della parrocchia di San Michele. Com’è cambiata in questi 10 anni?
“Va detto innanzitutto che i numeri parlano da soli. C’è, quindi, da considerare un aspetto quantitativo. La parrocchia di San Michele Arcangelo opera su un bacino di 20 mila abitanti. Capite bene la difficoltà insomma. San Michele è stata anche la chiesa madre di Aprilia e per tanti anni anche l’unica. Per questo motivo, molti genitori che hanno frequentato San Michele da piccoli, pensano di portare qui i propri figli nonostante ormai vivono altri quartieri. Quindi la parrocchia di San Michele è un punto di riferimento nella vita degli apriliani. La ricchezza delle diverse culture d’origine, penso prima di tutto ai fondatori e poi ai lavoratori che dagli anni ‘70 venivano qui ad Aprilia da tutta Italia impiegati nelle tante industrie che si andavano insediando, dà vivacità e una grande varietà di iniziative. Oggi questi elementi regionali che ci si porta dietro nonostante il sentirsi appartenenti alla comunità apriliana, si fondono con le nuove culture che vengono portate ad Aprilia da famiglie provenienti possiamo dire ormai da tutto il mondo. E questo è bello e dà ricchezza alla dimensione della vita. Per quanto riguarda la parrocchia, ci sono i percorsi catechistici per la preparazione alla cresima e alla comunione sempre pieni. A livello diocesano sono attivi i tavoli di dialogo interreligioso, sempre più importanti per vivere insieme l’ecumenismo della cristianità. A San Michele vengono regolarmente tantissimi ortodossi, di nazionalità ad esempio rumena. Sono famiglie squisite che vivono la cristianità nella sua dimensione ecumenica appunto”.
La religione vive però un momento di forte crisi. Si sente questo anche a San Michele?
“Guardi il tema è affrontato dal Papa che non a caso parla di rinnovamento della proposta del Vangelo e non della conservazione della fede. La chiesa deve saper veicolare il suo tradizionale messaggio di verità nelle sfide di un cambiamento epocale. In 20 anni la vita delle persone è completamente cambiata, il mondo è cambiato. Oggi viviamo in periodi difficili. Stiamo in tempi in cui si tocca con mano che non sono più i tempi della cristianità. Inoltre tutti vediamo come si affermano fenomeni come il terrorismo, le guerre che esplodono in più parti del mondo, molto di più rispetto ad un recente passato. Veniamo quindi a San Michele. Abbiamo già dato qualche numero. Su un bacino di 20mila persone, io credo che circa il 10% vive la parrocchia. E questo penso che sia un dato significativo e positivo. Il calo c’è com’è dappertutto, complice anche il Covid che ha favorito una certa dispersione del gregge. Si nota a livello demografico, un aumento dell’età media e una carenza di giovani. E questo si ripercuote ovviamente nel vissuto della vita della comunità”.
Il Covid ha dato il colpo di grazia…..
“Gli anni del Covid sono stati complessi. L’impatto dell’isolamento nella socialità è stato maggiormente sentito dagli anziani e dai giovani. Stiamo quindi attivando dei percorsi di coesione attraverso la proposta della vita liturgica. In estate poi proponiamo il Grest per i bambini, non mancano le proposte di pellegrinaggio per i più anziani. Stiamo anche cercando di riattivare l’oratorio grazie anche alle varie iniziative dell’Azione Cattolica.
Quali sono i progetti in campo?
“Attualmente stiamo avviando una serie di progetti per ristrutturare gli ambienti della parrocchia. Iniziamo con i locali della canonica per continuare con il progetto di più ampia ristrutturazione e trasformazione del Centro Don Milani per destinarlo a nuovi utilizzi. Qui continuerà ad operare la Caritas parrocchiale che offre un’importante azione di sostegno alle famiglie in difficoltà. Poi si potrà pensare in comunione con la Diocesi a qualche utile Opera segno in riferimento alle varie ed attuali emergenze sociali. Al Don Milani si avranno spazi necessari per le attività parrocchiali. Ci sarà pure un auditorium. C’è in più da ristrutturare il tetto della parrocchia”.
Dal punto di vista più umano invece quali sono i punti di forza di questa comunità?
“La popolazione apriliana è composta da gente buona ed onesta che, ognuno a suo modo, si impegna nel sociale e nella vita della chiesa. Trovo che Aprilia è impregnata fortemente ancora oggi di valori cristiani, dimostrati in ogni settore, non solo nella partecipazione alla vita parrocchiale”.
Quali sono ora le sue aspettative?
“Guardi io mi sono sentito subito accolto fin dai primi giorni in cui assunsi l’ufficio di parroco e mi sento sempre circondato dall’affetto della comunità. Ho trovato numerose persone, uomini e donne, davvero speciali, che permettono alla parrocchia di avere un volto accogliente per chiunque si affaccia o bussa alla sua porta. Grazie anche alla speciale dedizione dei sacerdoti che con me condividono l’impegno pastorale: Don Giacomo e don Vittorino. Sono nell’ultima fase del mio impegno. Un antico detto recita che “In fine velocior”, cioè “verso la fine tutto corre più veloce”. Non coltivo quindi grandi progetti. Vorrei soltanto che negli anni prossimi possa mantenere sempre la gioia di una dedizione piena del mio cuore e delle mie forze, così che insieme a tutti i fratelli e le sorelle della comunità possiamo vivere intensamente quanto il Signore suggerisce per il bene di ciascuno e di tutti. In questo modo anche le consuete prassi pastorali possano essere straordinarie e rispecchiare la bellezza della missione di una intera comunità cristiana. Mi basterebbe quello che mi proponevo dieci anni fa, nella celebrazione presieduta allora dal vescovo Semeraro, ora Cardinale, “Che chiunque venendo in parrocchia per chiedere anche solo un certificato di battesimo, potesse sentirsi a casa propria e soprattutto incontrare il Signore stesso”.