Marco Vannini : Fiat Justitia Ruat Caelum

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di Antonella Bonaffini

Esiste un limite oltre il quale non si deve mai andare, un limite che se oltrepassato, sfocia nell’indecenza ed il caso di Marco Vannini è ormai da tempo un caso che la gente segue, che segue con partecipazione, con commozione, con straordinaria solidarietà, per quella che è una sentenza che ha trucidato il vero senso della legge, il contenuto più vero di quella piccola parola da cui tutti auspicheremmo di poter trarre tutela: la giustizia. Perché vedete, al di la di tutto quello che gli avvocati dei Ciontoli da mesi cercano di rivendere come inconfutabile verità, addirittura annunciando un ricorso per una riduzione ulteriore della pena, di vero in questa storia c’è che è morto un ragazzo di soli vent’anni, che un individuo appartenente ai Servizi Segreti, per sua stessa ammissione, ha usato impropriamente un’arma, che omettere la gravità dell’accaduto ha fatto si che Marco Vannini, dopo due telefonate fatte al 118, di cui una annullata, salisse su di un’ ambulanza completamente da solo, in straordinario ritardo e per le bugie rivendute ai sanitari che erano accorsi, in codice verde! La condotta di tutta la famiglia Ciontoli, tutta, nessuno escluso, è semplicemente riprovevole e vergognosa e non ha giustificazione alcuna. Il noto programma delle Iene, giusto per rinfrescare la memoria a chi si fosse dimenticato, ieri sera ha mandato in onda un servizio che definire imbarazzante è riduttivo e dove frasi del tipo “ho cercato di pararti il culo” proferite da Viola, la ragazza di Federico Ciontoli, danno un’ idea precisa della attendibilità dei racconti dei soggetti coinvolti. Andrea Miroli, avvocato della famiglia Ciontoli, arriva ad affermare che nessun accordo ci sarebbe stato tra le parti, perché se ciò fosse accaduto, questo non spiegherebbe la diversità delle versioni depositate dai soggetti coinvolti. A questo avvocato, qualcuno dovrebbe far notare che forse, un racconto veritiero, un racconto in grado di riprodurre esattamente quanto accaduto quella notte, senza depistaggi ed omissioni di sorta, avrebbe forse messo tutti nella condizione di dar una versione univoca, qualcuno dovrebbe far notare a questo avvocato che più menzogne diverse, raramente condurranno alla verità! Ed è da chiarire in questa incresciosa vicenda, anche il ruolo dell’ex Maresciallo amico del Ciontoli, Roberto Izzo, la testimonianza di Davide Vannicola, a cui lo stesso Izzo che parla di un peso che graverà per sempre sulla sua coscienza, aveva confessato che a sparare non fu papà Ciontoli bensì il figlio Federico. Fu lo stesso Izzo a consigliare al Ciontoli di prendersi lui stesso la colpa, perché per il ruolo che ricopriva, forse i giudici avrebbero usato più clemenza. C’è la testimonianza di un militare che riferisce di aver sentito il Ciontoli dire in caserma “però cosi inguaio mio figlio”. Ed ancora. Perché nell’arma utilizzata non venne individuata alcuna traccia di DNA? Eppure Cointoli dichiarò che l’arma non venne mai pulita. Perché nessuno dei presenti, trovò il tempo di salire con Marco Vannini su quell’ambulanza? Cosa era impegnata a fare l’intera famiglia? Dove erano coloro che definirono Marco Vannini “un figlio” in assenza di mamma Marina?                                    Una farsa questa, che disconosce ogni forma di pudore ma che mai ha diviso ed in alcun modo mai dividerà, l’opinione pubblica. Ed oggi all’unanimità si urla che per Marco Vannini sia fatta giustizia, nella speranza che ad indossare l’ imprudente toga della clemenza, non sia ancora una volta la magistratura.