di Antonella Bonaffini
La Cassazione finalmente si pronuncia sul caso Vannini e l’epilogo, raccogliendo l’urlo di dolore di un intero paese, rimette tutto in discussione. Il processo è da rifare !!! Quella che in altri paesi avrebbe dovuto essere una conclusione del tutto logica, nel nostro, deve conoscere ben tre gradi di giudizio per far sì che tutto venga ad esser rimesso in discussione. Poveri Ciontoli, attaccati da un Italia che questa volta aveva giurato di riempire le piazze, li dove la Cassazione non avesse restituito dignità ad una vicenda, che in secondo grado, aveva visto una condanna ridursi da quattordici a cinque anni. Vale solo cinque anni la vita di un ragazzo di venti anni? Ma facciamo ordine. Cosa accade in casa Ciontoli quella sera è ancora oggi oscuro. Tutto si trascina da anni tra racconti diversificati ed omissioni a dir poco vergognose. I Ciontoli a mamma Marina, riferiscono che Marco era caduto dalle scale, al 118 che si era ferito cadendo su di un pettine appuntito. Ma mai una verità avrebbe potuto esser più lontana. A Marco quella sera, qualcuno punta addosso una pistola. Il proiettile entra dal braccio e passa attraverso i polmoni. Marco urla, chiede aiuto, vuole sua madre. I vicini parlano di urla disumane che invece i Ciontoli, interrogati uno ad uno, negano ci siano state. Eppure dalla telefonata fatta al 118, quanto i vicini riferiscono appare essere confermato. Marco sale sull’ ambulanza in codice verde, sale da solo, nessuno della famiglia Ciontoli, neanche la fidanzata Martina, ritiene opportuno doverlo accompagnare. Quando papà Ciontoli, arrivato in ospedale, dice la verità e parla finalmente di un colpo di arma da fuoco, il tempo perso è ormai troppo. Si tenta un trasferimento in elicottero presso un’altra struttura ma il ragazzo non ce la fa. Marco Vannini muore. Come si può non tener conto della testimonianza di una vicina, che riferisce che Ciontoli, l’imputato, non era in casa quando si sentì lo sparo? In effetti la prima telefonata al 118 fu del figlio Federico. Successivamente ad intervenire fu la madre. Dov’era il capo famiglia? Marco Vannini morendo, fa un regalo grande ai Ciontoli, perché se fosse sopravvissuto, avrebbe sicuramente riportato la verità di quanto accaduto. Perché nessuno sale con lui su quell’ambulanza? Su cosa si doveva lavorare, tutti insieme, per lasciare che un ragazzo morisse completamente da solo? Quanto accade quella notte è davvero terrificante e non giustifica di certo una riduzione della pena. Per l’opinione pubblica, sono tutti colpevoli, tutti, nessuno escluso. I soccorsi avrebbero dovuto attivarsi subito, c’era un ragazzo di venti anni agonizzante ma qualcuno decise che le priorità avrebbero dovuto essere altre. Ed adesso la Cassazione finalmente rimette tutto in discussione, il processo è da rifare. Non importa quanto saranno lunghi i tempi della giustizia ma Marco Vannini deve poter riposare in pace. Ci fu uno sparò quella maledetta notte, che spezzò la vita di Marco e di una famiglia. Quella dei Vannini. Vergognose e senza giustificazione alcuna, le dubbie verità addotte dai Ciontoli per sottrarsi a delle responsabilità, che auspichiamo, la giustizia saprà ora accertare.