LA RUSSIA INVADE L’UCRAINA: L’EUROPA RIVEDE L’ORRORE DELLA GUERRA
La lotta e la grande resistenza del popolo ucraino per la libertà
di Riccardo Toffoli
L’Europa con la fine della guerra fredda, con l’avvio di politiche comunitarie di unità pensava che la guerra fosse ormai un brutto ricordo del passato da non rivivere più. E invece, il 24 febbraio è successo l’inimmaginabile: la Russia ha iniziato ad invadere l’Ucraina. I rapporti tra i due paesi sono tesi da tempo. La Russia non ha mai abbandonato l’idea che l’Ucraina fosse un qualcosa di suo, o almeno fortemente legato. L’Ucraina, invece, con il passare degli anni ha rivendicato la sua indipendenza da Mosca, volendo libertà di decidere anche di entrare nell’Europa e nella Nato, l’alleanza che unisce i paesi del Patto Atlantico del blocco occidentale a puro scopo difensivo. Per l’Ucraina, quindi, entrare nell’Ue avrebbe significato aprirsi alla “speranza” di un mondo libero ed economicamente sviluppato mentre entrare nella Nato avrebbe dato a questo sogno una possibilità reale perché l’avrebbe protetta dalla certa reazione russa. La crisi russo-ucraina si fa risalire al 2014, quando sotto forti proteste in tutto il paese “Euromaidan”, il parlamento ucraino con una disposizione votata dai suoi tre quarti, ripristinò la Costituzione Ucraina e destituì il presidente filorusso Viktor Janukovyč. La popolazione filorussa prese le distanze sia in Crimea dove poi un discusso referendum votò per l’annessione alla Federazione Russa sia nel Donbass, la parte più orientale dell’Ucraina, dove si autoproclamarono indipendenti due “repubbliche”: quella di Donek e quella di Lugansk. Da questi anni il popolo ucraino si è sempre più avvicinato all’Europa e al mondo occidentale. La Russia ha reagito con prove di forza, vaste e prolungate manovre militari fino al 24 febbraio quando Putin ha annunciato il via all’invasione. Abbiamo visto in questi giorni immagini strazianti. La furia di Putin contro il popolo ucraino è stata spaventosa. Città distrutte, colpiti asili, scuole, ospedali. Uccisi donne e bambini. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky combatte strenuamente per la difesa, riuscendo a compattare tutto il popolo ucraino in una resistenza estenuante. L’Europa si è unità contro l’invasione russa, condannando fermamente l’aggressione di Putin al popolo ucraino. Il mondo occidentale si è unito con sanzioni importanti, le più dure forse mai varate. Lo stesso presidente americano Joe Biden ha sostenuto: “L’alternativa a pesanti sanzioni è la Terza Guerra Mondiale”. Mentre andiamo in stampa la guerra continua, tremenda, ogni giorno più tremenda e sempre più pericolosa per la nostra sicurezza. Il mondo guarda con speranza alla buona conclusione dei negoziati che sono in corso e che proseguono, nonostante i bombardamenti siano continui ed incessanti. L’intransigenza russa frena però l’esito diplomatico. La Russia chiede che l’Ucraina non aderisca alla Nato, vuole la smilitarizzazione completa del paese. Zelensky dal canto suo rivendica la libertà del suo popolo di decidere. L’intransigenza russa non frena la resistenza del popolo ucraino che si fa ogni giorno più accanita e che sta rendendo questo conflitto un massacro di sangue dentro la nostra Europa.
LA STORIA DI LYUDMILLA E OLEKSANDR Ad Aprilia vivono una cinquantina circa di ucraini. Non esiste una vera e propria comunità. Si raccolgono principalmente per le feste ortodosse. Noi abbiamo incontrato Lyudmilla Bachurina e il figlio Oleksandr Zhudin, 29 anni. Lyudmilla vive ad Aprilia dal 2006. Si ricorda ogni particolare, persino le date. La sua storia è quella di tanti ucraini che vedono nell’Europa quello che un secolo fa vedevamo noi nell’America: la speranza di una vita migliore. I parenti di Lyudmilla e Oleksandr sono principalmente della zona est dell’Ucraina. Vivono a Kharkiv, una delle città più martoriate dalla furia russa, a ridosso del confine russo, 80 km da Belgorod che significa Bel Paese. Un’altra parte di parenti vive a Kiev, nella capitale. Il padre di Lyudmilla era russo ebreo e la mamma ucraina polacca. Ci sono anche dei parenti che vivono in Russia. “Sono arrivata a San Marino il 1 ottobre 2005 –ci racconta- e sono stata lì fino a Capodanno del 2006 quando ho conosciuto il mio attuale marito Paolo che è venuto a San Marino come poliziotto in discoteca. Lo confesso. Sono venuta qui come extracomunitaria. Sarei potuta rimanere secondo le norme, per tre mesi. E ho fatto la badante per mantenermi e mandare soldi alla famiglia che era rimasta in Ucraina”. Quando Lyudmilla è arrivata in Italia, era già divorziata. Il figlio Oleksandr è rimasto con i nonni ma con suo padre i rapporti sono rimasti ottimi. Mentre noi stavamo facendo l’intervista, il padre attualmente in Ucraina, l’ha chiamato per raccontargli le ultime novità. “Ci sentiamo spesso –ci dice Oleksandr- finché potremo. Noi ci salutiamo al telefono come se fosse l’ultima volta. Non sappiamo se ci sarà un’altra telefonata”. Il 29 gennaio 2006 Lyudmilla è arrivata ad Aprilia con Paolo. “Il mio cuore è sempre stato per l’Ucraina e sarei voluta un giorno tornare lì –ci confessa- poi Paolo ha avuto un bruttissimo incidente. Gli sono stata vicina come potevo, sempre. Paolo è stato diversi mesi al San Camillo. Poi quando è stato meglio, me lo sono ritrovato in ginocchio con un anello in mano”. Gli occhi suoi incominciano a brillare. “Sono tornata in Ucraina per vedere mio figlio –continua- e me lo sono ritrovato adulto con una rosa in mano che mi aspettava. “Mamma”- mi chiamò. Ho pianto. Non fu l’ultima sorpresa di quel viaggio. Un giorno mi ha chiamato Paolo. Mi disse: guarda sono a Kiev. Da Kiev è venuto a Kharkiv con un giacchetto fino fino e si è trovato un clima gelido, con la neve altissima. Qui ha conosciuto mio padre ed è stata l’ultima volta. Paolo è venuto per dirmi che aveva parlato con Don Billi e aveva fissato la data del matrimonio. Ricordo la telefonata con Don Billi: ma allora vi sposate?”.
“VEDIAMO L’EUROPA COME LA NOSTRA SPERANZA” – Sono loro due a raccontarci la storia delle ultime ore in Ucraina e a spiegarci perché questa guerra. “Il Donbass –ci spiegano- è una regione molto ricca. È ricca di carbonio, gas e grano. Il 20% del Pil dell’Ucraina è nel Donbass. La terra è ricchissima. Hitler prendeva il primo strato di terra da qui perché era fertilissimo. L’Ucraina è composta da due popoli, qualcuno pensa che siano diversi ma non è così. Siamo tutti ucraini. Il Donbass è la regione che per semplificare è filorussa. L’ovest dell’Ucraina, invece, molto più povero è con l’Europa. Tanti anni fa le famiglie dell’ovest venivano a lavorare nel Donbass che appunto è la regione più ricca del paese. Poi invece, con il passare del tempo, molti sono emigrati in Europa. Tanti hanno fatto fortuna qui in Europa. Anche con i lavori più umili, hanno inviato denaro in Ucraina e con quello che hanno inviato si sono potuti costruire case e addirittura palazzi. Per questo si è diffuso nel tempo, il mito dell’Europa come paese di speranza, che ci avrebbe fatto uscire dalla povertà”. Insomma un po’ come noi nel secolo scorso vedevamo l’America. Molti emigravano in America in cerca di fortuna, qualcuno inviava denaro alle famiglie che erano rimaste in Italia. Il fenomeno era maggiormente diffuso nel sud. “Noi chiediamo di entrare in Europa –ci spiega Lyudmilla- perché siamo come Cenerentola, cresciuti in povertà anche se solo per un giorno, anche solo per l’ultimo giorno vorremo vivere da Principessa”. Quindi dal 2014 l’ovest non va più nel Donbass ma emigra in Europa. Le aperture di Zelensky sono richieste di un popolo che vuole rendersi autonomo, indipendente dalla Russia e che spera in una vita migliore con l’Europa. “Le immagini che giornalmente abbiamo dai nostri parenti rimasti in Ucraina sono agghiaccianti –ci dicono- abbiamo una foto commovente di nostro nipote chiuso in un bunker. Completamente al buio, i genitori gli hanno dato un telefonino in mano per farlo sorridere e distrarlo dalla ferocia dei bombardamenti intorno”. “Il nostro bisnonno ci raccontava della seconda guerra mondiale –ci dice Oleksandr- ma noi non avevamo la capacità di capire. Ora capiamo cos’è una guerra”. Ad Aprilia ucraini e russi non si fanno la guerra. Hanno formato una catena di solidarietà unica. In Italia gli ucraini sono circa 220 mila.
SLAVA LA PRIMA PROFUGA ARRIVATA AD APRILIA: IL SUO RACCONTO – Lei si chiama Slava. È scappata dai bombardamenti con i suoi due piccoli. L’abbiamo incontrata ma lei non ci vuole parlare, il suo pensiero va al marito che è in Ucraina e si sente in colpa. “Mi sento in colpa –ci dice- perché io sto qui e non sto a lottare per il mio paese”. È ospite di Nino Randisi. È venuta qui ad Aprilia con i due bambini, uno di due e l’altro di cinque anni. Lei è originaria della zona ovest dell’Ucraina, esattamente della città di Ivano-Frankivsk. Si tratta di una città ai confini con la Svolacchia, Ungheria e Polonia. A pochi chilometri da Leopoli. “Nessuno pensava –ci dice Nino Randisi, il noto pasticcere apriliano- che quest’area venisse toccata dalla guerra. Erano tranquilli”. Lui ha un negozio di ricambi di auto, lei di intimo. Entrambi i negozi oggi sono chiusi, in una città completamente deserta e privata della sua quotidianità. Poi invece i bombardamenti colpiscono gli aeroporti di tutte le città, compresa Ivano-Frankivsk. E così la famiglia si è immediatamente messa in macchina per fuggire. Sono partiti venerdì 25 febbraio. Poi il fermo alla frontiera. Il marito è costretto a rientrare per servire la patria, lui ha 35 anni. Lei e i bambini sono potuti emigrare. “Il marito è quindi tornato indietro con la macchina e lei insieme alla cognata hanno attraversato a piedi il confine” –ci dice Randisi. È stato un viaggio difficilissimo fino alla Polonia. Tantissimi chilometri a piedi: Slava, la cognata e i due bambini piccoli. Un viaggio durato due notti e un giorno intero. In Polonia poi due pullman li hanno portati a Roma e da qui Nino li ha ospitati a casa. “Lei –ci spiega Nino- è la figlia della mia compagna. Sono in uno stato confusionale. Ho chiesto al sindaco se è possibile inserire almeno il bambino di 5 anni all’asilo e devo dire che il sindaco si è mostrato molto sensibile. Lei invece, vuole tornare in Ucraina. Non c’è giorno in cui non ripete questa frase: voglio tornare in Ucraina a contribuire per il mio paese. Vuole stare vicino al marito che può non rivedere mai più”. Tutti ci dicono la stessa cosa: “Ci aspettavamo un sostegno maggiore dall’Unione Europea. Per carità capiamo tutti i motivi, le possibili conseguenze ma noi chiediamo a tutti: il cuore dove sta?”.
“IL CUORE DOVE STA?” – LA RACCOLTA DEI GIOCCATOLI – Nino Randisi ha voluto promuovere un’iniziativa per i bambini degli ucraini sfollati qui in zona. “Io vedo i figli di Slava –ci spiega- il maschietto è più grande e qui è già venuto. Si è adattato meglio. La più piccola è pi sofferente. Il mio pensiero va a tutti quei bambini che stanno soffrendo qui, che chiedono del loro papà ogni giorno. Vai a spiegare loro che sta combattendo per loro, per dare loro un futuro e una vita libera e migliore”. E così Nino Randisi, noto e apprezzato pasticcere apriliano, ha deciso di promuovere un’iniziativa proprio per loro. Nelle tre pasticcerie gestite dalla sua famiglia, Golose Follie di via degli Oleandri, Desiree’ di via De Gasperi e La Mimosa di via Carducci sono stati collocati degli scatoloni per la raccolta di giocattoli. “Le persone possono lasciare dei giocattoli per i bambini dell’Ucraina sfollati qui. Giocattoli piccoli, incartati, usati o non, che possano permettere loro di giocare, e per qualche tempo della giornata far smettere loro di pensare al padre rimasto a combattere in Ucraina”.
LA GRANDE RISPOSTA DI APRILIA: MIGLIAIA DI CHILI DI BENI RACCOLTI DA CB RONDINE – Alle richieste di aiuto Aprilia si è dimostrata incredibilmente sensibile. In Ucraina sta mancando tutto: beni di prima necessità, medicinali, persino l’acqua potabile. A Roma, in via Boccea, c’è Santa Sofia. Si tratta di una chiesa ucraina che ha attivato un canale di aiuti certo e sicuro per il popolo ucraino. Qui arrivano gli aiuti di tutte le zone limitrofe e da qui partono i pullman per l’Ucraina. A Santa Sofia stanno arrivando gli aiuti della città di Aprilia. La Cb Rondine che aderisce ad Anpas, ha promosso una giornata di donazione per domenica 6 marzo presso la sede centrale dell’associazione di protezione civile in via Carducci, vicino alla scuola elementare Deledda. La raccolta è proseguita tutto il giorno fino alle 18. La reazione della popolazione apriliana è stata straordinaria. C’è stato un via vai di persone pronte a donare quello che poteva: pasta, latte, altre conserve, medicinali, coperte sotto vuoto. I volontari della Cb Rondine sono a lavoro da mercoledì 2 marzo, ossia da quando hanno lanciato l’iniziativa. “La risposta degli apriliani è stata strepitosa –ci dice Ada Marinelli dalla Cb Rondine che insieme a tanti volontari sta in prima linea h24- qui è un continuo via vai di persone. Non ci aspettavamo questo flusso di gente e siamo molto contenti. Ricordiamo che si possono portare generi alimentari a lunga conservazione, medicinali, piumoni e coperte sotto vuoto. Non possiamo più prendere vestiti perché è arrivata la comunicazione che sono in esubero”. Sicuramente non finirà qui. La Cb Rondine è pronta a ripetere la giornata della donazione. “Consegniamo questo materiale alla chiesa ucraina di Santa Sofia in via Boccea –ci ha detto Ada Marinelli- è il canale più sicuro che ci possa essere per arrivare alla popolazione ucraina”. Alle 12 di domenica, il materiale raccolto ammontava alla bellezza di mille 200 kg senza considerare le casse di acqua e le coperte. Talmente tanto il materiale donato che la Cb Rondine è stata costretta a chiedere l’utilizzo della sede della Pro Loco come ulteriore magazzino.
IL QUARTIERE FOSSIGNANO SI MOBILITA – Anche il quartiere Fossignano si è mobilitato. Mercoledì 2 marzo, sui social del Comitato di Quartiere di Fossignano, è stata lanciata la raccolta dei materiali di prima necessità per l’Ucraina: “Venite giovedì 3 presso la sede “Frangipane” del CdQ per donare quello che potete per aiutare il popolo ucraino che si trova in gravissima difficoltà. Sarà solo una piccola goccia ma il mare è fatto da piccole gocce”. La cittadinanza di Fossignano ha risposto all’appello numeroso e con grande entusiasmo, spiega il presidente Ermanno Patrizio. Il giorno successivo, venerdì 4, già partiva per la Basilica di Santa Sofia in Roma un furgoncino pieno all’inverosimile di scatoloni e pacchi vari con: materiale sanitario, vettovaglie, pannolini per bambini, vestiario termico e molto altro, circa 500 kg di aiuti che sono stati consegnati direttamente ai volontari ucraini della basilica, che in cambio, come segno di ringraziamento, hanno donato una bandierina del loro Paese. “Non ho parole; che grande soddisfazione –ha detto Ermanno Patrizio- è bello vedere questa corsa alla solidarietà nella quale non vince il primo ma vincono tutti con il premio più ambito: la gratificazione intrinseca del nostro piccolo gesto. Sono tanti i cittadini che non sono riusciti a donare e che vorrebbero partecipare a questa gara di solidarietà e così: “si va avanti”. Continueremo a raccogliere gli aiuti e a consegnarli ai volontari della Basilica di Santa Sofia finché ci saranno donatori e ci sarà la necessità”.
LA SCUOLA TOSCANINI: DUE FLASH-MOB CONTRO LA GUERRA – Tutte le scuole di Aprilia hanno reagito alla guerra, con un grande No. Il segno della protesta è stato dato con minuti di silenzio o flash mob durante l’orario scolastico. Ad aprire le iniziative la scuola Toscanini. “Non è partita dai docenti la scintilla. –ci dicono da Toscanini- I bambini facevano domande da una settimana e li abbiamo rassicurati che non sarebbe scoppiata la guerra, che tutto si sarebbe risolto con degli accordi tra la Russia e l’Ucraina. Invece gli eventi sono precipitati e abbiamo pensato di mostrare concretamente come si possano sostenere le proprie ragioni usando l’unica arma civile, la comunicazione. Così tutto il corpo docente giovedì 24 sera ha organizzato idee e materiali per un Flash mob per il giorno seguente e programmato una seconda manifestazione per mercoledì 2 marzo. Poesie, mascherine e bandierine dipinte con i colori della pace, cartelli, canzoni, pensieri spontanei, composizioni rap, balletti improvvisati, girotondi dei più piccini, la scritta pace formata con il proprio corpo, candele della pace, riflessioni sull’art.11 della Costituzione sono state l’espressione del ripudio della guerra di tutti gli alunni del Toscanini, dai piccoli dell’infanzia, ai bambini della primaria ai ragazzi della secondaria. Nel plesso centrale e nel plesso Elsa Morante e Leonardo Da Vinci la partecipazione di tutti i bambini, di tutto il personale, non solo docente, è stata una preziosa manifestazione di pace e solidarietà alle persone coinvolte in questa guerra che mai avremmo pensato di vivere alle porte dell’Europa mentre ancora si lotta contro la pandemia”. Il 2 marzo nel grandissimo piazzale davanti la scuola Toscanini, i ragazzi della secondaria hanno formato la parola Peace col simbolo della pace. Ogni classe ha composto una lettera per dire no alla guerra.
IL FLASH MOB DI MERCOLEDI’ 2 MARZO PROMOSSO DALL’ASSESSORE FANUCCI “È importante in questo momento dare un segnale, anche cittadino, contro la guerra che sta infiammando l’Est Europa – ha detto l’assessore alla pace del Comune di Aprilia Gianluca Fanucci – lo scorso ottobre, come Comune, abbiamo preso parte alla Marcia per la Pace Perugia-Assisi, il cui tema era la frase di don Milani “I Care”. Oggi vogliamo ribadire la necessità di prenderci cura del nostro pianeta, anche attraverso il rifiuto delle logiche che sostengono nuovi venti di guerra nel Vecchio Continente. L’invito a tutti i cittadini è chiaramente quello di partecipare numerosi”. Con questo invito l’assessore ha annunciato la prima iniziativa di piazza promossa dal Comune di Aprilia: un flash mob per la pace che si è tenuto mercoledì 2 marzo in piazza Roma alle 18. È stata l’occasione per fare un primo punto e soprattutto per confrontarsi e informarsi su quanto stava avvenendo e quanto Aprilia stesse facendo per il popolo ucraino.
LA MARCIA DELLA PACE DI GIOVEDI’ 3 MARZO. IL VESCOVO MONS. VIVA: “SIETE PIETRE VIVE. PIAZZA ROMA E’ UNA PIAZZA DELLA PACE” Sicuramente però la risposta della città è arrivata il giorno dopo, quando ha accolto con grande partecipazione l’invito del nuovo vescovo Vincenzo Viva di camminare insieme per la pace. La risposta degli apriliani è stata imponente. Circa 2mila persone si sono ritrovate al parco dei Mille, Parco Falcone-Borsellino, con i rappresentanti delle diverse religioni e confessioni cristiane ad Aprilia per lanciare un unico, sentito, appello alla pace, in Ucraina e in tutto il mondo. Al parco l’organizzazione della diocesi di Albano ha messo a disposizione dei manifestanti delle candele. Sono state distribuite ben mille e 500 candele. Poi il corteo preceduto da un grande lenzuolo con la scritta color arcobaleno “Camminiamo insieme per la pace”, ha percorso silenziosamente via dei Mille ed è giunto a piazza Roma dove è stato allestito un piccolo palco per gli interventi delle autorità religiose e civili presenti. È stato veramente molto commovente vedere tanti lumini accesi, una folla di persone in religiosa preghiera per la pace. Aprilia ha reagito con grande sensibilità, dimostrando la sua grande forza morale, la sua compattezza, la sua capacità di fare squadra. “E’ un colpo d’occhio bellissimo –ha detto il sindaco di Aprilia Antonio Terra- ringrazio Mons. Viva per aver promosso questa manifestazione. Abbiamo studiato le guerre sui libri di storia. Nella nostra Europa erano 70 anni che non assistevamo ad un conflitto così devastante. Avremo tanto da fare nella nostra città. Abbiamo fatto la prima conferenza dei sindaci con il prefetto e le forze dell’ordine. Ci stiamo preparando ad accogliere i cittadini ucraini nella nostra città, ci stiamo mobilitando per trovare un letto per tutti. Le previsioni sono catastrofiche. Si parla di più di qualche milione di cittadini ucraini che stanno attraversando il confine. A loro garantiremo un vitto e alloggio dignitoso. Tutti noi faremo inoltre il possibile perché questa guerra finisca presto”. “Volevo ringraziare tutti, il sindaco e il vescovo – ha detto Bal, rappresentante della comunità Sikh- per manifestare contro la guerra. Le guerre portano sempre cose brutte. Bisogna fermare questa guerra. Oggi noi in piazza sentiamo un po’ di freddo, immaginiamoci la gente ucraina che vive lì senza un tetto, senza una coperta, senza neanche un qualcosa da mangiare. Tutti noi sentiamo la casa come quel qualcosa che ci riempie di calore la vita, facciamo di tutto per costruire la nostra casa. Le immagini che vediamo dall’Ucraina ci mostrano case distrutte. La guerra non porta mai bene e fortuna”. “No alle armi no alla guerra senza se e senza ma –prosegue Marco Davite per la comunità evangelica ecumenica di Albano- questo è il messaggio che lanciamo al nostro governo. Chiediamo a tutte le parti coinvolte di lavorare per la pace. La pace cammina sempre insieme alla giustizia, alla democrazia e ai diritti umani. Non vogliamo cadere nell’errore di considerare i governanti ucraini come dei Santi, ma è indiscutibile che l’Ucraina è un paese sovrano con il pieno diritto all’autodeterminazione e alla sicurezza dei suoi confini. Facciamo appello a tutte le chiese cristiane dei paesi coinvolti nel conflitto perché possano promuovere per prime vie di riconciliazione oltre i nazionalismi”. “L’unità è tanto necessaria al giorno d’oggi” –hanno detto Paola Morisco e Giorgio Scanavin della comunità Bahà’ì che hanno dedicato una preghiera. “Questa guerra riguarda tutti noi – riprende Roberto Negri, anziano della chiesa di Cristo di Aprilia- non solo perché ci è vicina. Ma soprattutto perché questa guerra porta violenza, distruzione e morte. Alimenta l’odio, mette in discussione i valori di pacifica convivenza tra i popoli. Ogni guerra non può essere accettata ed è una ferita per l’umanità. L’ambizione e la sete di potere di alcuni uomini alimentano conflitti che ci auguravamo che non sarebbero tornati più”. “Per la pace del mondo, per la salvezza delle Sante chiese di Dio e per l’unione di tutti preghiamo il Signore – ha detto padre Cristian Tuturoi, rappresentante della diocesi Ortodossa romena d’Italia- è molto difficile entrare nelle varie polemiche collegate a questa situazione che preoccupa tanto il mondo intero ma dobbiamo almeno cercare di capire che cosa sta avvenendo e perché queste cose accadono. Noi cristiani dobbiamo ricordare che non abbiamo dei nemici, ma solo fratelli e sorelle. Il nostro dovere oggi non è quello del giudizio ma di amare e di pregare, di cercare la pace. Un cristiano quando c’è la guerra prega Dio perché faccia rinsavire chi ha voluto la guerra e rinunci all’aggressione, per la salvezza soprattutto degli innocenti che sono sempre le vittime di ogni guerra”. «Nella seconda guerra mondiale – ha detto monsignor Viva – Aprilia era chiamata dagli Alleati “the factory”, perché sembra che qui il centro fosse fatto di tante case di mattoni rossi, che richiamavano in qualche modo l’idea di una fabbrica. Questa sera, però, non vediamo mattoni rossi, ma pietre vive, che siete tutti voi, per costruire una piazza per la pace. Vediamo artigiani di pace: voi che avete accolto l’invito della nostra chiesa locale a camminare insieme. La piazza è uno spazio aperto, un luogo dove ci si incontra e ognuno è libero di muoversi e andare con i suoi pensieri e la sua identità. È il luogo dell’ascolto e credo che questo sia il primo presupposto per la vera pace: ascoltarsi reciprocamente, mettere da parte il proprio “io” per aprirsi all’altro, vederlo come fratello e non come minaccia. L’ascolto e l’accoglienza dell’altro rendono possibile la pace”. Proprio sulla figura dell’artigiano di pace, richiamata da papa Francesco, ha insistito il vescovo di Albano: «La pace – ha aggiunto Viva – è un lavoro artigianale, fatto di piccoli gesti, di un’educazione che parte dal cuore. Artigiani di pace si è nei nostri contesti di vita di ogni giorno, in famiglia, a scuola, in parrocchia, promuovendo atteggiamenti di accoglienza, di fraternità e di pace”.