Il Vescovo Vincenzo Viva ad Aprilia nella parrocchia di San Michele Arcangelo Ha incontrato i fedeli e ha indicato la missione della chiesa di oggi
di Riccardo Toffoli
Pronti per “ripartire” sul sentiero del cammino sinodale. Il Vescovo di Albano Vincenzo Viva è voluto venire ad Aprilia e precisamente nella chiesa di San Michele Arcangelo, chiesa madre della città. Lo ha fatto domenica 16 ottobre alle 16 per incontrare il gruppo parrocchiale. È stato un incontro importante perché ha spiegato qual è la missione della Chiesa oggi. Il Parroco della chiesa di San Michele Don Franco Marando lo ha voluto per aprire il nuovo anno pastorale e presentare la parrocchia dopo che non gli è stato possibile presiedere la funzione del Santo Patrono lo scorso 29 settembre. Per lui sarebbe stata la prima ricorrenza del Patrono di Aprilia come nuovo Vescovo. Il parroco Don Franco ha aperto quest’incontro anticipando il percorso che la parrocchia farà da quest’anno, dopo il periodo della pandemia. “Sarà un’esperienza di fraternità –ha detto il parroco- che farà di questa parrocchia una casa accogliente per tutti”. È il Vescovo Vincenzo Viva a parlare dello stile “sinodale” e della nuova missione della chiesa. Il discorso del Vescovo è stato semplice e familiare, di grande apertura. Se questi sono i presupposti, il nostro nuovo Vescovo potrebbe assomigliare al caro e compianto Dante Bernini che tutti amavano. Il Vescovo, seduto sulla stessa sedia in cui si sedette papa Giovanni Paolo II in visita ad Aprilia, correva l’anno 1986, ha parlato della parrocchia di San Michele come “la più grande parrocchia della diocesi per popolazione. È stata per tanti anni il punto di riferimento di una città giovane, in forte espansione demografica e urbanistica, che ha avuto un grande sviluppo”. Il Vescovo ha sottolineato il ruolo di Don Franco. “E’ il mio braccio destro –ha detto- come vicario generale. Perdonate quindi se non lo trovate sempre in parrocchia. Se non lo trovate è perché sta con me in diocesi. Consiglia il Vescovo e gli sta vicino”.
“LA FEDE NON SI TRASMETTE VIA INTERNET”
Il desiderio di ripartire. Lo chiama proprio così il Vescovo quando dice che nel suo girare per le parrocchie, ha sentito questa esigenza da parte di tutti. Tutti vogliono buttare alle spalle gli anni bui della pandemia e tornare ad operare nelle comunità. “La Chiesa –ha detto il Vescovo- ha subito molto la pandemia perché è mancata la relazionalità. Il fatto della fede non si può trasmettere via internet e l’evangelizzazione richiede la presenza fisica. Tutte le parrocchie hanno sofferto un periodo difficile. I giovani sono stati i più colpiti. Mi riferiscono i docenti di religione che ci sono bambini che non hanno mai vissuto la scuola nel suo insieme tra mascherine, distanziamento e tutti gli strumenti sanitari che erano necessari. I ragazzi più cresciuti sono caduti in depressione o nelle dipendenze. Altri manifestano ancora oggi difficoltà relazionali. Oltre ai giovani, i più colpiti sono stati gli anziani. Mio papà è morto l’anno scorso ed è stato difficile in certi periodi, potergli fare visita. Per gli anziani l’unica compagnia è stata la Tv. Per questo è importante partecipare insieme al cammino sinodale. È una spinta che ci permette di inserirci nel tempo odierno in maniera diversa e nuova”.
“COMUNIONE, PARTECIPAZIONE E MISSIONE”
Ma cos’è questo “cammino sinodale”? è un modo nuovo di fare chiesa. La Chiesa si apre a tutti, diventa accogliente. Il Vescovo infatti, si è più volte scagliato contro il clericalismo durante il suo intervento. È una chiesa vicina, che si presta all’ascolto e al discernimento. Decisioni responsabili che sono prese però insieme, da tutta la comunità. Le tre parole del cammino sinodale citate dal Vescovo sono: comunione, partecipazione e missione. “La comunione –ha detto il Vescovo- significa che ci riconosciamo tutti parte della Chiesa. Come nella Trinità c’è una relazione d’amore tra Dio padre, il figlio e lo Spirito Santo così nella Chiesa è l’amore che ci deve distinguere”. Il Vescovo Viva ha quindi portato a testimonianza la sua esperienza in Cina e a Taiwan. Qui, ha detto, ci sono molti che si convertono al cristianesimo. Ma perché? “L’ho chiesto al padre gesuita –ha continuato Mons. Viva- che mi ha dato due motivazioni. La prima è dovuta al fatto che il cristianesimo prevede una dimensione personale della fede che non hanno le religioni orientali. Dio si fa fratello dell’umanità. Il secondo motivo è il vivere la comunità, la parrocchia”. Quindi la partecipazione, “perché –dice il Vescovo- bisogna occuparsi di questa parrocchia”. E qui c’è il primo cambiamento. Tutti i parrocchiani diventano corresponsabili per l’azione pastorale della Chiesa. È veramente un qualcosa di nuovo e di bello. “I laici non sono i non sacerdoti –ha detto Viva- bisogna abbandonare le accezioni negative. I laici sono battezzati e hanno un loro ruolo all’interno della Chiesa”. Per questo tornano a prendere maggiore vigore i consigli pastorali, una sorta di organismi dove i laici condividono scelte importanti con il parroco. “Non si tratta solo di dire sempre di sì al parroco o di limitarsi a scegliere dove deve passare la processione –ha spiegato Viva- il consiglio pastorale deve diventare un luogo di decisioni e di verifica. Per questo serve una grande maturità dei laici”. Lo sguardo va al mondo giovanile. “In tutte le parrocchie i giovani non partecipano –ha continuato Mons. Viva- e abbiamo chiesto loro i motivi. I giovani, ci dicono, si sentono poco coinvolti nella vita delle parrocchie. Ecco allora che hanno bisogno di spazi per essere ascoltati. Non c’è cosa migliore di un giovane all’interno del consiglio pastorale”. La terza parola: missione. “La missione –ha detto il Vescovo- è quella di mettere in moto la Chiesa che presenta i segni della malattia della vecchiaia. Non si tratta di una riflessione esclusivamente anagrafica, ma ha a che fare con la mentalità. Ci sono dei sacerdoti anziani molto aperti e vivaci, altri invece giovani ma estremamente chiusi. Il clericalismo paralizza la Chiesa”.
“IL CORAGGIO”
Il Vescovo cita San Paolo, colui che ebbe il “coraggio” di evangelizzare il mondo pagano. “La missione di oggi si riallaccia al Vangelo. –ha spiegato il Vescovo- Dopo la Pasqua Gesù invia i discepoli ad evangelizzare. I discepoli hanno avuto allora il coraggio di uscire. La chiesa delle origini si deve riproporre nella Chiesa di oggi. Ci fu una grandissima discussione e non fu semplice decidere quando si pensò di uscire da Israele per affrontare il mondo pagano. Fu difficile perché il dialogo avrebbe comportato un incontro e quindi anche qualcosa da salvare. San Paolo fu il primo ad evangelizzare l’Europa partendo da Filippi nella Macedonia”.
LA PREOCCUPAZIONE: OGGI BAMBINI NON SANNO FARE IL SEGNO DELLA CROCE
L’importanza della partecipazione e di una nuova evangelizzazione che rispolveri la chiesa delle origini è scandita dal Vescovo da una riflessione che rende bene l’idea: oggi diversi bambini non sanno neanche farsi il segno della croce. “Chi non frequentava la parrocchia o anche non andava a Messa la domenica –ha detto il Vescovo- comunque voleva che i propri figli venissero battezzati e lasciava che frequentassero la catechesi. Oggi i bambini non vengono neppure battezzati e ci sono sempre più bambini che non sanno farsi il segno della croce. Molti non sanno recitare la preghiera del padre nostro. Per molti giovani la cultura è ciò che gli viene detto in Tv ma non può essere un talent show la formazione di un ragazzo”.
UNA PARROCCHIA PRONTA
Il Vescovo ha trovato una parrocchia pronta alle nuove sfide. Negli anni d’oro San Michele Arcangelo era veramente un punto di riferimento di tutta la città: culturale, sociale e persino politico. Oggi non è più così, ma sono cambiati i tempi e le persone. Nonostante questo, comunque, ci sono diverse attività che continuano ad andare avanti bene. Serve “ringiovanire le menti” e il parroco Don Franco Marando ha già pensato a rinnovare qualcosa. Intanto l’oratorio Domenico Savio. “Bisogna aprirlo, non si può più tenere chiuso” –ha detto il parroco. Novità anche per la domenica. La Messa con i più piccoli sarà affiancata da degli incontri con i genitori che curerà personalmente Don Franco.