APRE IL SOTTOPASSO DI CASELLO 45 MA I PROBLEMI NON SONO ANCORA RISOLTI

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Il Comune di Aprilia diserta l’inaugurazione. L’assessore ai lavori pubblici Luana Caporaso: “Non c’è nulla da festeggiare”

Il presidente del Consorzio Sonia Picozzi: “Sono stati cinque anni difficili per il quartiere che abbiamo visto morire giorno dopo giorno”

Rischio di allagamento e mancanza di rotatoria su via Cavallo Morto i nodi ora da sciogliere

 

di Riccardo Toffoli

Apre il sottopasso di Casello 45: dopo cinque anni il quartiere torna a respirare ma i problemi non sono affatto risolti. Del vecchio casello ferroviario da oggi non resterà che il nome del quartiere. Quel quartiere che dal 13 novembre 2017, ossia da quando iniziarono i lavori per la costruzione del sottopasso, si è visto spegnere piano piano in cinque anni di sofferenze e di battaglie. “Due anni –ci dice il presidente del consorzio Colli dei Pini Sonia Picozzi- siamo stati letteralmente prigionieri. Facevano 15 chilometri in più andata e ritorno per raggiungere l’altra parte del mondo civile”. Poi il 2 agosto 2019 grazie ad una sinergia tra Regione, Comune di Aprilia e provincia di Latina venne aperta via Vesuvio che ha permesso il collegamento tra il quartiere e il ponte di Campo di Carne. Altri due anni e l’8 aprile 2021 viene inaugurato il sottopasso ferroviario. Ma, ci dice l’assessore ai lavori pubblici Luana Caporaso che insieme al sindaco per protesta non ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione, “non c’è nulla da festeggiare”. Intanto l’amministrazione comunale l’ha fatto per rispetto dei disagi del quartiere subiti in 5 anni lunghi e difficili nei quali le poche attività commerciali rimaste hanno fatto miracoli per sopravvivere e poi perché i problemi non sono finiti. “Appena inaugurata l’opera –ci dice Luana Caporaso- ci dicono che potrebbe avere delle difficoltà. Appena aperto il sottopasso sappiamo che potrebbe avere delle difficoltà, lo ritengo uno scandalo”. Il problema principale è il rischio di allagamento in caso di piogge intense. Infatti davanti agli ingressi su via Cavallo Morto e su via Pantanelle ci sono semafori pronti a diventare rossi e sbarre pronte a scendere nel caso in cui il sottopasso si dovesse allagare. Inoltre manca la rotonda su via Cavallo Morto. Ciò significa che, venendo dalla Nettunense si potrà solo andare verso il mare mentre venendo dal mare si potrà andare solo verso la Nettunense. “E’ previsto un piano alternativo per il cambio di marcia attraverso delle piccole traverse –ci spiega la Caporaso- che però sono pensate per i residenti non certo per un uso pubblico del genere. Un camion non potrebbe transitare”. Quindi il pericolo, specie nell’estate dove il traffico aumenta moltissimo, è che le vetture facciano inversione a U. L’opera è stata finanziata con progetti e fondi della Regione Lazio e di Rfi con l’intento anche positivo di eliminare il passaggio a livello su Casello 45 che comportava diversi disagi anche per l’aumentare del traffico sulla Nettunense. Nella fase di progettazione, però, non si è pensato ad uno sfogo alternativo adeguato per il quartiere che gode non solo della vita attiva dei residenti ma del passaggio di tantissimi romani che d’estate o nei weekend si recano al mare. Casello 45 così si è trovato praticamente tagliato fuori dal resto del mondo. “E’ stato un iter abbastanza sofferto –ci conferma Luana Caporaso- In questi ultimi tre anni da quando ho avuto la delega ai lavori pubblici, mi sono occupata subito del problema. Due anni fa siamo riusciti ad aprire via Vesuvio che è stata lo sbocco per aiutare questo quartiere. La via non è servita solo ad Aprilia ma anche a Nettuno perché è il collegamento più vicino alla Nettunense. L’iter è stato talmente difficoltoso che con il sindaco abbiamo espresso il nostro disappunto in maniera chiara e diretta non partecipando all’inaugurazione del sottopasso proprio perché riteniamo che non ci sia nulla da festeggiare. Sono stati cinque anni difficili sia per il quartiere sia per l’amministrazione comunale che ha dovuto cercare di far fronte alle richieste dei cittadini che erano chiusi e che si trovavano un muro davanti agli enti superiori”. “Per due anni questo quartiere ha cominciato a morire giorno dopo giorno a livello sociale. –ci spiega Sonia Picozzi del consorzio Colli dei Pini- Quelle poche attività commerciali che hanno resistito, hanno visto più che dimezzati i loro fatturati. Molti altri hanno chiuso. Non ce l’hanno fatta perché avevano delle spese di affitto che non riuscivano più a sopportare. Ovviamente diventando chiusi e diventando difficile raggiungere l’altro mondo civile, è diventato difficile avere soccorsi, Polizia, servizio pubblico e quindi è cresciuto anche molto il problema della microcriminalità che si chiama micro ma per chi la vive è macro. La qualità della vita si misura anche sulla sensazione di sicurezza mentre qui si è sentito forte lo stato di abbandono”. Fino al 2 agosto 2019, ossia fino alla data di apertura di via Vesuvio, la vivibilità del quartiere è stata compromessa drammaticamente. “Siamo stati per due anni prigionieri. –ci continua Sonia Picozzi- Dovevamo andare a fare 15 km in più andata e ritorno. Ad esempio io per portare i bambini a scuola a Campo di Carne avrei dovuto fare appena un chilometro e mezzo e invece ne facevo 15 perché dovevo arrivare al ponte della Palmolive e fare tutto il tratto della Nettunense che a quell’ora è un delirio. Per non parlare delle strade disastrate che trovavamo nel nostro percorso e soprattutto quelle del nostro quartiere. Via Stromboli nasce come strada privata ad uso residenziale dove l’uso pubblico era minoritario, si è trovata ad essere in un colpo la sostituta della Nettunense. Oggi, per il grande traffico, le vie interne sono dei colabrodo, quasi più inesistenti. In questi due anni ci siamo uniti. Abbiamo attenzionato tutti, insieme a Beatrice Vitali del comitato Sandalo di Nettuno abbiamo fatto delle battaglie importanti. Via Vesuvio è stata una boccata d’ossigeno per il quartiere. Non è sufficiente perché il sottopasso serve all’indotto economico, ai tanti che da Roma vengono nel weekend e soprattutto d’estate”. Poi il Comune si è trovato in tensione con Città Metropolitana, l’ex provincia di Roma. “Mentre la Regione e Rfi in questi ultimi anni hanno cercato di capire il forte disagio dei cittadini venendo sul posto e facendo dei sopralluoghi di persona, -ci spiega l’assessore Caporaso- non ho riscontrato questa grande voglia della provincia di Roma di riaprire finalmente il sottopasso. Ha sicuramente delle difficoltà che dovranno affrontare perché la competenza continua ad essere di Città Metropolitana. Però riteniamo e ritenevamo anche all’epoca che intanto era urgente aprire e poi mano a mano si poteva cercare di risolvere le problematicità che si sarebbero susseguite”. La preoccupazione maggiore è il rischio di allagamento. “Speriamo di no. –ci risponde Caporaso- La città metropolitana prima dell’apertura ha fatto una serie di verifiche e sistemazioni anche per quanto riguarda il fosso. Siamo in attesa delle prime piogge per capire. Il semaforo e le sbarre servono comunque a questo. Ecco perché ritorno all’importanza di via Vesuvio, perché continuerà a diventare un grande sfogo per il quartiere”. “Il tessuto sociale delle persone che vivono ed operano qui si è stretto. –continua Sonia Picozzi- Anche tra comuni diversi. Non c’è un vero confine tra di noi. Aria, acqua e cuori non hanno confini amministrativi. Le battaglie vanno fatte. Ci siamo stretti e abbiamo cercato di andare avanti. Oggi abbiamo voglia di vedere tutto in positivo per il benessere e la rinascita del quartiere. In appena un giorno di apertura si è vista subito la differenza. Voglio ringraziare chi è rimasto e ha lottato con tanta fatica: Sfizi di Pizza di Stefano Lucarelli che è riuscito a resistere, il bar tabacchi, il piccolo supermercato. Abbiamo già respirato, e tutti dicono che oggi c’è un movimento nuovo. Mi auguro che in poco tempo il quartiere torni a vivere come prima”. Ma su una cosa sono tutti d’accordo: mai più chiusura di passaggi a livello senza una programmazione alternativa e senza una condivisione. Lo assicura Luana Caporaso. “Mai più senza programmazione –conclude Picozzi- e mai più anche senza condivisione. Bisogna concertare con i cittadini perché chi vive sui territori siamo noi e noi possiamo dare degli input importanti. Un’opera vista dall’alto e anche progettata da grandi nomi può sembrare la più avveniristica e futuristica, ma poi calata in un territorio magari diventa non funzionale”.