APRILIA – ARRIVA UNA PRIMA CONFERMA DELLA CASSAZIONE: “E’ ASSOCIAZIONE MAFIOSA”

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Confermato l’impianto accusatorio dell’operazione “Assedio”. Con la sentenza della Cassazione si potrebbe arrivare ad un’accelerazione dell’iter giudiziario

La sentenza potrebbe avere ripercussioni anche sulle risultanze della commissione d’accesso

di Riccardo Toffoli

La Cassazione conferma: il sodalizio mafioso ad Aprilia c’è, “ormai consolidato controllo esercitato su Aprilia dell’associazione”. Gli ermellini mettono così la prima parola (le indagini non sono ancora chiuse e non si è entrati quindi ancora nella fase processuale) al terremoto giudiziario scoppiato il 4 luglio scorso che ha portato alla firma di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di 25 persone in relazione a 21 misure di custodia cautelare in carcere, 2 agli arresti domiciliari e 2 misure interdittive e che per la prima volta ha parlato di “mafia” nel tessuto sociale e politico di Aprilia. L’operazione “Assedio” parte dal 2018 con indagini a tappeto, che si sono avvalse anche delle intercettazioni ambientali e telefoniche, di servizi di osservazione, pedinamento e controllo, di atti di perquisizione e sequestro e ha portato, tra l’altro, ai domiciliari nomi eccellenti tra cui il Sindaco allora in carica Lanfranco Principi. I titoli di reato per i quali le misure cautelari del giudice delle indagini preliminari di Roma Francesco Patrone sono state emesse: associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso, usura aggravata, reati in materia di armi, rapina. In due casi si è proceduto per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, il reato di scambio elettorale politico mafioso, per i reati di corruzione, turbata libertà degli incanti, traffico di influenze illecite. L’attività d’indagine è stata svolta dalla direzione investigativa antimafia di Roma e per larga parte coadiuvata dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Aprilia. Il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi e il procuratore aggiunto Ilaria Calò l’hanno definita “mafia autoctona” e ora arriva una prima conferma della Cassazione. I consiglieri comunali si sono dimessi e hanno di fatto aperto le porte all’arrivo del commissario prefettizio. Dal 4 luglio diversi legali hanno proposto ricorso al Tribunale del Riesame e poi in Cassazione per i loro assistiti. Con la sentenza della quinta sezione penale del 21 novembre, uscita nei giorni scorsi, la Cassazione di fatto conferma l’impianto accusatorio seppur ovviamente rispetto all’ordinanza e nell’applicazione delle misure cautelari. La sentenza della Cassazione potrebbe dare una svolta anche nelle indagini e arrivare a chiusura dopo gli interrogatori, le testimonianze e i materiali acquisiti in questi mesi dagli organi inquirenti. La sentenza della Cassazione, quindi, era attesa e potrebbe non solo avere effetto nell’accelerazione dell’iter giudiziario con la fase processuale ma anche nelle risultanze della commissione d’accesso che entro febbraio dovrà accertare se c’è stata o meno infiltrazione nella pubblica amministrazione a tal punto da proporre al Consiglio dei Ministri il commissariamento della città di Aprilia per infiltrazione mafiosa. Primo caso nella storia della città.

“NON SONO EPISODI SINGOLI”

La difesa aveva puntato sullo scollegamento dei singoli episodi che non sarebbero quindi riferiti ad un “sodalizio”. Singoli episodi e singoli soggetti. Del resto, faceva notare la difesa, non è stato constatato come e quando l’associazione sarebbe nata e si sarebbe affermata “non essendo sufficiente a tal fine la affermata ed eventuale caratura criminale del capo dell’associazione”. Gli ermellini confermano la motivazione del Tribunale del Riesame che “ha ampiamente e logicamente motivato in merito alla sussistenza della contestata associazione…., nonché al suo carattere mafioso”. La Cassazione ha confermato quindi le ragioni dei giudici del riesame che hanno sì posto in rilievo la caratura criminale di colui che era ai vertici, ma hanno altresì evidenziato come attorno “si sia nel tempo coagulato un sodalizio, sopravvissuto alla sua incarcerazione e dimostratosi in grado di agire sul territorio con autonoma capacità di intimidazione in sua assenza, assumendo i caratteri propri dell’associazione mafiosa”.

“L’ASSOCIAZIONE MAFIOSA C’E’”

Confermato dalla Cassazione anche l’aspetto “mafioso” del sodalizio. Secondo gli ermellini: “L’associazione di tipo mafioso si connota rispetto alla semplice associazione per delinquere per la sua capacità di proiettarsi verso l’esterno, per il suo radicamento nel territorio in cui alligna e si espande, per l’assoggettamento e l’omertà che è in grado di determinare nella collettività insediata nell’area di operatività del sodalizio, collettività nella quale la presenza associativa deve possedere la capacità di diffondere un comune sentire caratterizzato da soggezione di fronte alla forza prevaricatrice ed intimidatrice del gruppo”. I reati, quindi, “per la loro natura o per le peculiari modalità di consumazione per l’appunto, si rivelino effettivamente sintomatici dell’attuazione del programma di una associazione mafiosa piuttosto che di una normale associazione a delinquere”. E secondo i giudici della Suprema Corte, questi presupposti nel caso emergono. Vengono in particolare evidenziate alcune intercettazioni e situazioni emerse, convalidando intanto “il consolidato controllo esercitato su Aprilia” e la “posizione paritaria” con le altre organizzazioni mafiose con le quali il sodalizio si confronta. “I giudici del riesame –continuano i giudici della Cassazione- hanno per l’appunto ritenuto che il sodalizio abbia semplicemente dimostrato di essere in grado di ricorrere alla violenza solo quando le circostanze non gli consentano di appianare i contrasti con interlocutori esterni di qualsivoglia natura in maniera diversa, inferendone logicamente il ragguardevole livello di presa sul territorio di riferimento raggiunto”.

“ACCETTAZIONE DA PARTE DELLA POPOLAZIONE”

Altro punto nodale della sentenza della Cassazione è l’accettazione della popolazione del “governo criminale del territorio” da parte del sodalizio. In questo caso, riprendendo sempre i giudici del Riesame, la decisione viene motivata da un’intercettazione in cui compare anche l’ex sindaco Principi: “Il fatto che una delle vittime delle estorsioni destinate alla raccolta del danaro necessario a foraggiare i sodali incarcerati ……. si sia consigliato in proposito proprio con il Principi, cioè il sindaco eletto grazie all’appoggio dell’associazione, intrattenendo con quest’ultimo una conversazione – oggetto di captazione – il cui contenuto, per come riportato dai giudici del riesame e per l’appunto non contestato, è stato logicamente interpretato come sintomatico dell’accettazione da parte della popolazione del governo criminale del territorio esercitato dal sodalizio”.