Incontro con Don Antonio Muraro “IL RICORDO DI APRILIA E’ INDELEBILE”

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Riccardo Toffoli, Don Antonio Muraro, Giovanni Lombardo e Gianni Iaci.

Incontro con Don Antonio Muraro e storia di un viaggio tra Sacile, Francenigo e Scomigo

Oggi Don Antonio guida la parrocchia di San Giovanni del Tempio

Gianni Iaci, Don Antonio e Giovanni Lombardo presso la tomba di Don Luigi Fossati a Francenigo

La facciata della parrocchia di San Giovanni del Tempio
La tomba di don Angelo Zanardo a Scomigo
Riccardo Toffoli, Don Antonio Muraro, Giovanni Lombardo e Gianni Iaci.
Don Antonio Muraro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Riccardo Toffoli

Ha 84 anni ma non li dimostra affatto. Sarà il suo temperamento sportivo, la sua semplicità ma anche la sua fede instancabile che lo porta ancora oggi tra la gente e soprattutto tra i giovani, Don Antonio Muraro storico e amato parroco della città di Aprilia continua la sua missione pastorale come se il tempo non si fosse mai fermato. Quando è tornato nella sua diocesi di formazione, la diocesi di Vittorio Veneto lo ha accolto al meglio. L’allora vescovo ha pensato di destinarlo ad una nuova missione pastorale. Da 12 anni Don Antonio Muraro guida una piccola comunità del Comune di Sacile in provincia di Pordenone. È parroco della Chiesa San Giovanni del Tempio che conta circa 3 mila anime.

I MOTIVI DEL VIAGGIO – Siamo partiti sotto il ponte del 2 giugno. Eravamo io, Gianni Iaci e Giovanni Lombardo che con Don Antonio parroco mandava avanti il centro di accoglienza del Don Milani con lo scopo di dare una seconda opportunità a chi era precipitato nella miseria e non era riuscito a risollevarsi da solo. Centro oggi chiuso. Siamo partiti il 3 giugno e siamo rimasti fino a domenica 5 giugno. Eravamo sulle tracce di Don Angelo Zanardo, anche lui storico sacerdote dell’Istituto San Raffaele di Vittorio Veneto prestato alla città di Aprilia per tantissimi lunghi anni. Don Angelo ha diretto il centro di addestramento professionale che ha dato un mestiere a moltissimi giovani apriliani, togliendoli dai bar e dalla vita di strada. Don Angelo venne ad Aprilia nel 1965, un anno dopo l’arrivo ad Aprilia di Don Antonio Muraro. Don Angelo venne, lo ricorda bene Don Antonio, per “far ritrovare le abitudini religiose dell’Istituto al gruppo dei sacerdoti apriliani”, che all’epoca erano presi da una città in crescita ed in forte espansione economica e demografica. I sacerdoti guidati da Don Fernando Dalla Libera avevano a che fare con mille attività e una città in fermento. “Quando venne Don Angelo –ricorda Don Antonio- lui era nell’istituto San Raffaele una sorta di superiore per noi, era formatore-responsabile dei giovani che si preparavano al sacerdozio e insegnava anche italiano, latino e francese in seminario. Venne mandato ad Aprilia nel 1965 per ripristinare alcune regole dell’ordine che noi ad Aprilia avevano abbandonato. Penso ad esempio alle laudi mattutine. Riuscì per qualche tempo, ma poi fu costretto a rinunciare anche lui al compito”. Don Fernando dalla Libera se ne andò nel 1967 e lui fu totalmente assorbito dal nuovo incarico di direttore del centro di addestramento professionale.

SACILE E LA PARROCCHIA DI SAN GIOVANNI – “Sapete perché si chiama San Giovanni del Tempio?” –ci chiede subito Don Antonio Muraro con quella cadenza tra il veneto e il pedagogico che ricordiamo tutti della nostra giovinezza passata nell’oratorio di San Michele Arcangelo. “Perché ci sono passati i templari” – ci dice. E “La Penna dei Templari” è in effetti il periodico di informazione della Comunità a cui tiene molto Don Antonio. Ad Aprilia c’era Comunità Parrocchiale che era diretta dall’altro amato e instancabile parroco Don Luigi Fossati con il prezioso contributo del gruppo di ricerca di Don Aldo Bellio. I luoghi sono bellissimi. Estremamente curate le strade e ben tenuti i luoghi pubblici. Nei meravigliosi slarghi di paesaggio che si affacciano alla vista dalla punta dei piccoli colli ravvicinati, si ergono come cattedrali dei poderi molto ampi. Alcuni anche abbandonati. Ma la vista si colora di questi sterminati vitigni di un verde acceso, piantati a filari obliqui e talmente curati da apparire quasi finti. Ogni filare viene aperto da una pianta di rosa e questi colori variopinti a macchie di rosso, giallo, rosa danno dello scenario l’aspetto di un quadro, uscito fresco dalle mani di un Monet. Siamo nella patria del prosecco, ma anche dell’eccellente Ribolla o del Sauvignon e per il rosso del Refresco. Sacile è nella bassa, e la parrocchia di Don Antonio si può dire che sia ancora nella più bassa. Una zona ricchissima di acqua ma anche per questo luogo ideale per le zanzare. La parrocchia è composta da una chiesa piccola ma tenuta benissimo, una casa parrocchiale abbastanza ampia, un campetto, una grandissima sala riunioni utilizzata dalla comunità anche per feste di compleanno e un piccolo quanto caratteristico campanile. La fontana da cui esce un tripudio continuo di acqua fresca, rende l’idea di una terra molto fertile. Sul mobile d’ingresso della casa parrocchiale, Don Antonio ha tutto l’occorrente: insetticida e Autan. “Mi raccomando ragazzi –ci accoglie subito- ogni volta che entrate spruzzate un po’ di questi prodotti così le zanzare non entrano e quando state fuori, mettetevi la protezione per le zanzare. Qui trovate tutto”. Ed è così. Don Antonio non ha perso assolutamente la tempra di un tempo.

UNA PARROCCHIA VIVA – San Giovanni del Tempio è una parrocchia viva. I bambini nel pomeriggio si affollano nel campetto, una specie di oratorio aperto a tutti. Qui giocano prettamente a pallone. Il giorno successivo al nostro arrivo Don Antonio aveva appuntamento con il giovane vicesindaco del paese, Alessandro Gasparotto. “Lui mi aiuta molto per le attività ma anche soprattutto per il periodico della parrocchia” –dice. Una persona squisita. È lui che armeggia con il computer. “Io non arrivo a certe cose” –ci dice Don Antonio ridendo. Un sorriso che colpisce ancora, bello ampio e così semplice. Rispecchia la sua personalità ma anche la sua pastorale che è destinata a tutti, piccoli, grandi e anziani, ma anche a chi non ha avuto la fortuna di studiare. Parla semplice Don Antonio, lo ha sempre fatto, ma parla con estrema sincerità, non nascondendo le verità anche scomode ma a cuore puro. Forse era una caratteristica dei sacerdoti di San Raffaele. Altrettanto lo era Don Luigi Fossati che, ormai parroco di San Giacomo a Nettuno, ci chiamò diversi anni fa per “togliersi –a suo dire- qualche sassolino dalla scarpa”. “Chi mi viene a trovare da Aprilia –spiega Don Antonio- mi dice sempre: erano altri tempi. Ma la vita va avanti”.  Non è rassegnazione. Per lui aver lasciato Aprilia a 69 anni ha significato un nuovo inizio, non una fine. La vita che va avanti porta con sé delle sfide nuove che meritano di essere vissute. Intensamente. La sera ci porta da Tepepa, un localetto frequentato dai più giovani del paese. “Era buona la pizza no?” –ci chiede convinto di aver ancora programmato giusto. “Buonissima Don Antonio” –rispondiamo. La colazione rigorosamente alla pizzeria All’Antico Tempio dietro la parrocchia, sulla strada principale. Fa un po’ di tutto: ristorante, pizzeria, tabacchi, edicola e bar. “Don Antonio è importante per noi –ci dice la signora- Lui viene spesso qui, porta anche i ragazzi a mangiare una pizza”. Il locale è caratteristico perché ha un vecchio Jukebox restaurato, perfettamente funzionante, con le musicassette di una volta ancora inserite. Nella casa parrocchiale Don Antonio è unico, ma anche solo. Lo aiuta la comunità che gli vuole molto bene. “Il precedente parroco era amante della storia –ci spiega Don Antonio- ed è per questo che vedete qui tanti reperti archeologici”. In effetti sulle mura della casa parrocchiale ci sono dei reperti storici rinvenuti nella zona ed in perfetto stato di conservazione. È stato Don Antonio a volere invece un mosaico rappresentante la Madonna col bambino di ottima fattura artistica mentre la chiesa è abbellita sia esternamente che internamente dagli affreschi di Pier Antonio Caradia, un artista locale. Sull’altare maggiore che ospita anche un bell’organo dove ha messo le mani anche il nostro grande organista Giampaolo Di Rosa, è raffigurata l’adorazione dei Magi ed è potente visivamente, di forte impatto. Sabato sera Don Antonio ci porta all’agriturismo Lago Orzaie non lontanissimo da Sacile. È un posto bellissimo. “Qui ci porto anche il Vescovo quando viene in parrocchia per le cresime” –ci dice Don Antonio. Nel laghetto sportivo, si può pescare la trota ma tutt’intorno c’è un grande spazio verde dove le famiglie passano le giornate. Possono utilizzare i tanti barbecue dislocati nel parco e mangiare la trota appena pescata insieme ai bambini. Oppure possono recarsi nell’agriturismo dell’azienda dove si cucina la trota in tutte le maniere possibili.

INTORNO A SACILE: DON LUIGI FOSSATI E DON ANGELO ZANARDO – “Oggi pomeriggio se vi va, passiamo a trovare Don Luigi”. Ci dice don Antonio Muraro il sabato pomeriggio, subito dopo aver pranzato. “Va bene” –gli rispondiamo. Ma del resto, come fai a dire di no a Don Antonio? Il cimitero di Francenigo dove riposano i resti di Don Luigi Fossati si trova abbastanza vicino alla parrocchia. Francenigo è una frazione del Comune di Gaiarine in provincia di Treviso, ed è il paesino che ha dato i natali a Don Luigi. La struttura del cimitero è sorprendente. Qui ‘A Livella di Totò ha trovato la sua completa realizzazione architettonica. Le lapidi sono tutte uguali: di marmo bianco, basse e facilmente accessibili. L’architettura si mischia al classicismo greco-romano. Noi che siamo abituati al nostro cimitero, dove le tombe sono affastellate una sopra l’altra e una vicino all’altra tanto che si perdono i nomi e le identità, si apre il cuore nel cimitero di Francenigo per la cura, l’attenzione ai particolari, l’ampiezza del luogo che permette di vivere con intensità il rapporto tra chi non c’è più e i propri cari nonostante tutto sia costruito veramente senza distinzioni. Al lato sinistro del cimitero, circondato dal muro di tombe, c’è un grande prato al centro del quale vi è un semplicissimo altare sorretto da colonne di cemento bianco. Tutto è bianco. Ai lati dell’altare ci sono i resti di diversi sacerdoti. Sul lato sinistro riposano quelli di Don Luigi Fossati. Per tutti loro una semplice colonna spezzata simboleggia il percorso della vita che si interrompe. E che per Don Luigi si è interrotta così bruscamente. A Scomigo, invece, una frazione del Comune di Conegliano, sempre in provincia di Treviso abbiamo incontrato i nipoti di Don Angelo Zanardo. Qui Maria Antonietta, la più anziana delle nipoti e figlia di Agostino il secondogenito di Giovanni, Marilena e Sergio figli di Bruno anche lui fratello di Don Angelo, ci raccontano la storia della famiglia e di loro zio. Poi ci fanno vedere la frazione di Scomigo, la casa dove è cresciuta la mamma di Don Angelo, lì dove hanno vissuto i Sanson, la famiglia che ha dato il nome al famosissimo marchio di gelati. Quindi ci accompagnano al cimitero dove riposa tutta la famiglia di Don Angelo e lui stesso, in una tomba a terra di marmo grigio. Lo si riconosce dalla foto dove mostra il suo eterno bel sorriso.

“IL RICORDO DI APRILIA E’ INDELEBILE” – Don Antonio è nato a Veggiano in provincia di Padova nel 1938. È stato ordinato sacerdote a Col San Martino di Farra di Soligo nl 1964 ed inviato subito ad Aprilia. Dal 1964 al 2007 Don Antonio è stato in città, parroco della chiesa di San Michele Arcangelo e Santa Maria Goretti a cui teneva moltissimo dal 1996 al 2007. Ha succeduto Don Luigi Fossati che nel 1996 venne destinato alla parrocchia di San Giacomo a Nettuno. Don Antonio, del gruppo dei sacerdoti di San Raffaele ad Aprilia, era colui che si occupava in modo particolare dei giovani. E lo ha fatto al meglio con diverse generazioni di apriliani. Da quando ad Aprilia c’era poco o nulla, Don Antonio dava ai più giovani il punto di riferimento dell’oratorio dove li spronava a giocare a calcio. Fondatore del Centro Sportivo Primavera su un terreno che lo stesso Don Fernando dalla Libera sottrasse al destino di una, l’ennesima, discarica. Nel 2007 Don Antonio è tornato alla diocesi di Vittorio Veneto. Pensava che la sua missione pastorale fosse terminata e invece, il vescovo lo ha voluto destinare ad un nuovo incarico. E ha fatto bene. Don Antonio Muraro ha oggi 84 anni ma non li dimostra affatto, ha una vitalità e una forza di volontà veramente incredibili. Domenica 5 giugno mentre noi eravamo sulla strada del ritorno, lui era in viaggio per Brescia in pellegrinaggio con i suoi parrocchiani.

Don Antonio, intanto, saluti i cittadini di Aprilia che ci stanno leggendo…. – “Lo faccio con tutto il cuore e i miei sentimenti. Quando vedo qualche persona di Aprilia, mi fa ricordare tantissimi volti di quella città e la nostalgia mi prende. La vita va avanti. Mi trovo bene qui, ma il ricordo di Aprilia è indelebile”.

Quanti anni è stato ad Aprilia? – “Sono stato ad Aprilia 43 anni. Tutta la mia vita di sacerdote pensavo di averla conclusa con il mio ritorno nella diocesi di Vittorio Veneto. E invece, una volta ristabilito di salute, l’allora Vescovo mi ha detto di continuare l’attività pastorale in modo diretto. Gli ho detto: va bene, ci provo. Non mi sono assolutamente pentito di aver preso questa parrocchia. Gli anni sono tanti, sono 84 e sono il secondo parroco di tutta la diocesi di Vittorio Veneto”.

Abbiamo visto subito l’oratorio? Fa le stesse cose di Aprilia? – “Qui i ragazzi sono molto di meno e sono abbastanza più liberi. Vengono a tutto le ore. Ho fatto dei tornei di calcetto con i ragazzi. Oggi è difficile perché non sono tanti e fanno tantissime attività. Poi non si fanno molto guidare. Sono abbastanza liberi. C’è sempre movimento qui in parrocchia”.

Cosa le manca di Aprilia? – “Mi manca la relazione più profonda con le persone. Qui la gente è un po’ più fredda e più chiusa. Non è espansiva. È molto volenterosa ma io sono abituato ad avere la risposta calorosa delle persone di Aprilia. Secondo me, loro fanno di tutto perché io stia bene e dicono sempre: guai se vai via”.

Pensa di tornare ad Aprilia? – “Ultimamente mi è venuto il desiderio di tornare a salutare Aprilia. Se la salute mi sostiene, potrebbe essere l’occasione l’apertura di un museo. Così come mi ha anunciato Vittorio Marchitti e il sindaco. Per questo museo ho dato un piccolo ricordo nostro, di quello che noi sacerdoti di San Raffaele abbiamo lasciato nella città”.

Avete costruito l’aprilianità, lì dove non esisteva praticamente niente. Il merito è indiscusso.  – “La nostra presenza di tutti noi sacerdoti di Vittorio Veneto è stata importante, abbiamo dato tanto ad Aprilia. Don Fernando dalla Libera, ma anche quando siamo venuti Don Clemente Cietto, don Angelo Zanardo con il centro di addestramento professionale, Don Aldo con i suoi studi, Don Luigi con il suo carattere socializzante. Credo che abbiamo lasciato un’impronta importante per la crescita della città. Quando vengono le persone a trovarmi dicono: a quei tempi. Ma la vita va avanti”.

Ha qualche rimpianto? – “Rimpianti potrebbero essere tanti o anche nessuno. Non mi sono pentito di essere venuto via da Aprilia. Pensando a questi ultimi 15 anni da quando sono venuto via, non avrei mai creduto di poter continuare una vita da sacerdote impegnato. Anche in questa diocesi mi sono inserito molto bene. Però quando penso ad Aprilia, le scampagnate, le gite, i tornei, tutti i ragazzi, il Centro Sportivo Primavera, un po’ di nostalgia mi viene. Ho portato alcuni anni fa un pullman di pellegrini di qui, ad Aprilia, siamo stati a Piana delle Orme. Mi ricordo che Angelo Bucci un giorno che venne qui a trovarmi, ha detto: voi non sapete cos’è Don Antonio per voi, e noi ci dispiace tanto che sia venuto via per ciò che è stato per noi e che ora sarà sicuramente per voi. Queste parole mi hanno fatto riflettere e mi hanno dato la voglia di fare. Mi manca la marea di bambini e di attività di Aprilia”.

Cosa crede che serva ad Aprilia per continuare la sua crescita.  – “Dopo tanti anni le cose sono cambiate moltissimo. Le notizie mi arrivano dirette o indirette. Guardo l’aspetto della religiosità che mi riguarda di più. Noi eravamo fortunati perché eravamo tanti e potevamo entrare nel contesto sociale. Quando siamo andati via noi, molte attività sono venute a mancare. Ad Aprilia le iniziative hanno iniziato ad avere un carattere più laico. E qualche attività che poteva essere più compenetrante tra religioso e civile è mancata. La città è comunque in ebollizione, ci sono cose belle ma l’aspetto ecclesiale mi riguarda da vicino. E dico, senza voler giudicare nessuno, non so quanto i sacerdoti di oggi di Aprilia sappiano inserirsi nei contesti evolutivi della città”.