“PER MOLTE AZIENDE LE SPERANZE DI SOPRAVVIVERE STANNO AL LUMICINIO” Dramma lavoro: “Molti lavoratori nel settore oggi in cassa integrazione saranno purtroppo licenziati” Chieste alle amministrazioni locali l’esenzione dell’Imu
di Riccardo Toffoli
Le nuove misure anti-Covid hanno colpito nuovamente i ristoratori e il settore alberghiero. Qual è attualmente la situazione? – “Già il lockdown di marzo, nel nostro settore, aveva ridotto l’attività economica del primo semestre 2020 ai minimi storici, ora queste nuove misure hanno portato al lumicino le speranze, per molti, di poter sopravvivere a questa crisi. L’analisi per attività economica già mostrava decrementi tendenziali per tutti i settori dei servizi, ma era in particolare il settore alberghiero e ristorativo a registrare il ribasso più consistente. Queste nuove misure di contenimento, stanno determinando un calo senza precedenti degli indici del fatturato delle nostre imprese, risultando particolarmente marcati in quelle attività maggiormente interessate dai provvedimenti di chiusura, quali appunto quelle legate alla filiera del turismo con numeri impressionanti: per gli Alberghi si registra -88,3% e per la ristorazione -64,2%. Dietro questi numeri ci sono aziende che non riapriranno più, ci sono imprenditori che vedono svanire il sogno di una vita fatta di sacrifici per tenere in piedi le loro attività, ci sono famiglie che non hanno più la sicurezza di poter contare su un posto di lavoro…”
Come si può coniugare la salute con l’economia? – “Se c’è una cosa che il lockdown ci ha insegnato è che la salute e la socialità sono un bene prezioso che deve essere salvaguardato e protetto. In questi mesi, giornalisti, sociologi, politici e commentatori d’ogni sorta si sono domandati se questa esperienza abbia avuto il potere o meno di cambiarci, possibilmente in meglio. Non è compito nostro dare una risposta in questo senso, ma una cosa è certa: se in questi mesi tutti si fossero comportati con lo stesso senso di responsabilità degli Albergatori o dei ristoratori, probabilmente qualche ristrettezza in meno si sarebbe avuta. La Federalberghi da sempre in prima linea in questa battaglia di sensibilizzazione, da subito ha attivato i suoi consulenti per predisporre un documento denominato “Accoglienza Sicura” che ci ha permesso di adeguarsi tempestivamente alle nuove regole di comportamento, per garantire l’assoluto rispetto delle disposizioni e rassicurare i nostri ospiti che la loro salute sarebbe stata da noi protetta e tutelata. Di conseguenza si può coniugare la tutela della salute all’economia, ma non con interventi generici di chiusura delle attività ma intervenendo verso chi non rispetta le regole con denunce, sanzioni o provvedimenti disciplinari di chiusura, anche parziale”.
Sappiamo di catene di hotel e ristoranti che stanno chiudendo. Cosa può fare il governo per invertire questa tendenza? – “170 sono gli Alberghi aperti su 1.200 su Roma e provincia, cos’altro aggiungere? E quelli aperti con coraggio sostengono le proprie strutture con 10/12 camere occupate. Per questo bisogna pensare immediatamente alla sopravvivenza delle nostre imprese e poi ci si può dedicare a tutto il resto. Molte attese erano state riposte in questi ultimi mesi di settembre e ottobre che tradizionalmente sono tra i più importanti per la tenuta del settore, ma tra le assenze degli stranieri e le misure di contenimento, i risultati per quelli ancora aperti sono stati molto deboli. E’ indispensabile lavorare da subito con il Governo per un piano di salvaguardia e una strategia che metta in sicurezza le aziende ed i lavoratori, una serie di misure a cominciare dal fondo perduto, basato principalmente su un calcolo che tenga conto del periodo in cui l’impresa avrà subito il maggiore danno e non su un periodo uguale per tutti, anche perché ogni attività ha la sua stagionalità. Inoltre indispensabile la riduzione, se non l’azzeramento, della pressione fiscale sugli immobili e sul costo del lavoro”.
Evidentemente non bastano i ristori? – “I ristori non sono sufficienti, se non nel breve periodo. Le imprese hanno bisogno di ben altro per la crisi che stanno vivendo, perché sono le imprese ad aver garantito finora e a continuare a garantire lo sviluppo e il lavoro. Con troppa facilità in questi mesi ci si sta illudendo che qualche sussidio a pioggia possa bastare per andare avanti. Basti pensare che sono stati presentati 2.900 emendamenti ai Decreti Ristori per far capire quanto difficile sia individuare le specificità e reali necessità che ci sono nel nostro paese. Le priorità in questo momento sono decisive e non dovranno esserci dubbi nel privilegiare quelle che avranno una funzione di supporto alle imprese. Bisogna uscire dalla tentazione di fare tutta un’erba un fascio, ma avere come primo riferimento il sostegno a chi e cosa possa garantire maggiormente la creazione di una nuova prospettiva. Mi permetta di aggiungere una riflessione rispetto alla gestione del prossimo futuro, ovvero a quando il virus verrà sconfitto. Noi dovremo essere pronti poiché nel 2021 l’emergenza, si spera, non ci sarà più e non possiamo sbagliare. Dobbiamo già sapere come rispondere alle urgenze della crisi senza perdere di vista che cosa vogliamo diventare domani, anche sapendo ben utilizzare gli aiuti dell’Unione Europea. Lo Stato dovrebbe comportarsi come si fa nel mondo privato, dove sarebbe inconcepibile sprecare il capitale o i prestiti e questo non può accadere con i fondi europei. Per questo servono competenze manageriali in grado di gestire queste risorse, servirebbe un po’ più di privato nel pubblico per gestire questa fase. Servirebbero figure con competenze manageriali del settore privato soprattutto nelle posizioni chiave, non solo politici ma anche amministratori. Il turismo è un asset centrale, ma è quello che sta pagando di più, è la risorsa più grande che abbiamo: possiamo attirare denaro, idee, in pratica generare reddito con le bellezze di cui disponiamo. Possiamo diventare il paese più visitato del mondo, ma le basi vanno gettate ora”.
A livello locale la crisi è molto pesante. Il nord della provincia non vive certo di turismo ma il settore alberghiero e della ristorazione ruota intorno al polo industriale e all’indotto del commercio. – “Vi sono stati nell’ultimo periodo precedenti alle nuove restrizioni dei piccoli segnali di ripresa, che ci facevano ben sperare in un traghettamento più tranquillo per qualche mese. Ma purtroppo con le ordinanze in atto che identificano in zone rosse alcune tra le maggiori regioni italiane e l’ordinanza di chiusura serale per le attività ristorative, si è ripiombati nell’oblio e non c’è che da prendere atto ancora di più di una situazione drammatica su cui bisogna immediatamente intervenire prima che sia troppo tardi. Il nostro polo industriale e di conseguenza l’indotto che genera, hanno subito almeno la gran parte, un forte stallo che ha avuto ricadute anche nelle micro-realtà del territorio, dalla media attività finanche al piccolo commerciante. Ma la perdita più importante è aver tolto la speranza di ritrovare il proprio posto di lavoro a tante famiglie che, per il momento, sono in cassa integrazione e che purtroppo si sta delineando la quasi certezza che molti di loro saranno licenziati”.
Quali sono i segnali che vengono dal territorio e come può venire incontro alle difficoltà un’amministrazione locale? – “Ben poco in realtà può fare un’amministrazione locale, certo l’azzeramento di alcuni tributi, quali l’esenzione del pagamento dell’Imu e la sospensione della riscossione di quelli già scaduti, sarebbero dei segnali che vanno nella giusta direzione per far comprendere che, anche se minimo, il locale imprenditore viene considerato come una risorsa da proteggere ed aiutare. Ma molto di più ci si aspetta dal Governo centrale, a cui la nostra associazione Federalberghi ha presentato un piano di sostegno alle attività produttive per l’anno 2021, elaborando idee e suggerimenti a sostegno di tutto il settore, fornendo indicazioni sulle modifiche della manovra di bilancio al fine di potenziarne la portata e migliorarne l’efficacia. Si può e si deve intervenire su più fronti: dalle imposte municipali, come già accennato, alla riqualificazione energetica che purtroppo esclude le strutture ricettive dalla possibilità di fruire dei cosiddetti Ecobonus nella misura del 110%, pur sapendo che le imprese turistiche dovranno affrontare un’agguerrita concorrenza anche sul piano della sostenibilità, sulla digitalizzazione, sull’innovazione e sulle nuove competenze”.
Qual è attualmente la preoccupazione maggiore sentita nel settore? – “Sono molte poiché il nostro mondo è legato a diversi fattori che purtroppo non offrono nel medio periodo buone prospettive di ripresa. Non si viaggia più non solo per vacanza, ma si è fermato anche il turismo d’affari. Bloccate le fiere ed i Congressi, annullate sia le piccole riunioni che i grandi meeting. Il nostro Centro Studi stima una ripresa per il nostro settore non prima del 2022 e comunque con una marginalità molto esigua. Si spera molto nel mercato interno a scapito di quello internazionale. Ma nel frattempo le nostre aziende perderanno competitività ed avendo poco fatturato genereranno un valore molto basso, per cui sarebbe necessario un intervento di sterilizzazione di ogni rating di valutazione”.
Siamo a Natale. Se dovessero continuare le norme restrittive, uno dei mesi sicuramente più produttivi dell’anno si può trasformare in una debacle economica che forse non ha precedenti. Ci sono delle possibili vie d’uscita? Cene, pranzi delle feste hanno sempre caratterizzato il Natale degli italiani a vantaggio dei nostri ristoratori. Si potranno fare in sicurezza? In che modo? – “E’ evidente che lo scenario potrebbe in qualsiasi momento mutare, ma di sicuro le prospettive sulle festività natalizie non sono rassicuranti. D’altronde ogni stagione ha la sua pena e quella prossima richiederà maggiori sacrifici, poiché tradizionalmente sono momenti di condivisione e di svago dove nelle nostre città si riversavano turisti da ogni dove, riempiendo gli alberghi e frequentando i nostri ristoranti. Non solo, ma anche Cenoni e Capodanno dovranno essere ridimensionati. Sia chiaro che siamo tutti d’accordo che nessuno ha intenzione di favorire una terza ondata tra Gennaio e Febbraio a causa delle festività, ma sia altrettanto chiaro che facendo chiudere i ristoranti alle ore 18 e limitando gli spostamenti interregionali, indipendentemente dal colore delle regioni, daremo il colpo di grazia a quel periodo dove riuscivamo normalmente a colmare quel buco invernale che incombe almeno per due mesi. Non vi é via d’uscita se non quella che abbiamo adottato albergatori e ristoratori ovvero adoperarsi ad uniformare le nostre strutture secondo le raccomandazioni espresse nei protocolli indicati. Abbiamo fatto degli investimenti per adeguare i nostri ambienti, formare il personale, modificare linee di preparazione e di servizio, quindi siamo pronti a lavorare e garantire sicurezza ai nostri clienti e collaboratori. Quindi si può e si deve dare la possibilità di continuare a sopravvivere per chi vuole lavorare nel rispetto delle normative e sanzionare pesantemente chi invece mette a rischio l’altrui sicurezza, mentre i provvedimenti di chiusura generalizzati mettono in ginocchio famiglie intere”.
Cosa consiglia ai ristoratori e al settore alberghiero per superare questo periodo? “Chi si occupa di ospitalità sa che il suo mondo è fatto di accoglienza, di emozioni e di incontri. Ora tutto ciò ci viene limitato e questo momento ci insegna che comunque dobbiamo fare i conti con i silenzi e la sofferenza. Finiti a questo punto ci sono due possibilità: fermarsi e perdersi oppure reagire e andare avanti cercando di trovare il modo per adattarsi al nuovo cambiamento, sfruttando ogni possibilità di mercato e cercando nuove opportunità perché come ci ha suggerito sapientemente anche Papa Francesco che “Peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla”.