L’ANNO DELLE ELEZIONI CHE CAMBIERANNO IL VOLTO DELLE NOSTRE ISTITUZIONI

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Il 4 settembre si vota a Latina, il 25 settembre le nazionali, a gennaio le regionali e a fine maggio o inizio giugno le comunali

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Il focus: ci aspetterà un anno di fuoco

Quello che succederà sarà comunque una novità travolgente perché le massime istituzioni a cui siamo abituati non si candideranno o non lo potranno più fare: Mario Draghi al governo, Nicola Zingaretti governatore del Lazio e Antonio Terra sindaco di Aprilia

di Riccardo Toffoli

Sarà un anno molto impegnativo per la politica nazionale e locale. Agosto sarà un mese di fuoco e non solo per il caldo. Con la sentenza del Consiglio di Stato, si inizierà a Latina dove si voterà il 4 settembre in sole 22 sezioni (su un totale di 116 sezioni) per scegliere il sindaco di Latina. Poi il 25 settembre si voterà per rinnovare il Parlamento italiano con una riforma che taglia 345 parlamentari e che darà il via ad un nuovo governo dopo le dimissioni di Mario Draghi. Poi ci saranno le regionali. Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, al suo secondo mandato, si candiderà con grande probabilità al Parlamento e in caso di elezione dovrà dimettersi. Significa che anche il Lazio andrà ad elezioni anticipate. Presumibilmente a gennaio. Infine ci saranno le comunali. Antonio Terra non potrà più candidarsi e neanche può più sperare in un terzo mandato visto che le Camere sono sciolte. Si aprirà quindi, una lunga partita e una campagna elettorale all’ultimo voto. Ad aggiungersi la diversità dei tre sistemi elettorali: il rosatellum per il parlamento, il tatarellum modificato per la Regione Lazio e il Testo Unico degli Enti Locali per le comunali. Un pasticcio elettorale all’italiana che di certo non aiuta l’elettorato e non va incontro alla semplificazione richiesta alla politica.

LATINA IL 4 SETTEMBRE – A Latina sarà un voto difficile. Con la recente sentenza del 28 luglio, la seconda sezione del Consiglio di Stato conferma la decisione del Tar: il 4 settembre si tornerà al voto in 22 sezioni a Latina. “Le oggettive gravi illegittimità accertate, -scrivono i giudici della seconda sezione- di per sé sono idonee ad invalidare irrimediabilmente le operazioni elettorali e di conseguenza il loro esito, anche senza ipotizzare il doloso utilizzo su vasta scala del fraudolento meccanismo della scheda ballerina”.  Il senatore di FdI Nicola Procaccini commenta lapidario la sentenza: “È la fine dell’era Coletta a Latina”. Claudio Durigon deputato della Lega chiede l’intervento del Ministro Lamorgese. Del resto le parole dei giudici di Palazzo Spada sono state molto dure. In sede di verificazione, si legge nella sentenza sono state riscontrate “in numerose sezioni, violazioni delle regole di voto e di scrutinio talmente gravi, manifeste e sistematiche, da far emergere un quadro di generale inquinamento del voto, che ne alteri in modo oggettivo la genuinità e soprattutto renda impossibile, con valenza assorbente ogni ulteriore considerazione, ricostruire l’effettiva volontà del corpo elettorale interessato”.  E inoltre: “la Prefettura di Latina ha accertato, tra varie anomalie, in un numero significativo sezioni la non corrispondenza del numero complessivo di schede autenticate rispetto alla somma delle schede effettivamente utilizzate dagli elettori e di quelle non utilizzate e indicate a verbale, con una differenza numerica, in alcune sezioni, non trascurabile”. Si voterà quindi a Latina nelle sole 22 sezioni contestate, il prossimo 4 settembre. Vincenzo Zaccheo, candidato per il centrodestra, non raggiunse ad ottobre 2021 al primo turno il 50% per una manciata di voti e perse poi al ballottaggio con Damiano Coletta mentre le liste del centrodestra superarono il quorum e si aggiudicarono la maggioranza del Consiglio comunale. Coletta ha governato quest’anno, quindi, con la cosiddetta “anatra zoppa” cercando di ampliare il consenso in Consiglio tra le varie liste, tra cui anche Forza Italia. Con il voto in 22 sezioni, ormai la sentenza è definitiva e non più appellabile, Zaccheo potrebbe farcela già al primo turno governando quindi con il centrodestra a Latina. Ma non è escluso l’esatto contrario. Le liste del centrodestra potrebbero non farcela più a raggiungere il quorum e potrebbero non avere più garantita la maggioranza in Consiglio. Dipende da cosa sceglieranno gli elettori. Se vogliono Coletta sindaco, invece del voto disgiunto, potranno dare il voto alle liste di Coletta e farlo governare senza anatra zoppa. Se vogliono Zaccheo sindaco voteranno anche per lui oltre che per la lista collegata. I consiglieri di Coletta promettono una forte campagna elettorale. “Non dobbiamo consegnare Latina alle destre”- ci dice l’ex consigliera Daniela Fiore pronta a scendere in campo più forte di prima. Il nuovo scenario si ripercuoterà a livello provinciale. Nella provincia di Latina decadranno i consiglieri eletti del Comune di Latina ma il loro voto è stato fondamentale per l’elezione sia del presidente sia del consiglio provinciale e quindi potrebbe tutto essere annullato. Ad ogni buon conto, questa situazione potrebbe portare fuori dalla massima assise provinciale il Comune di Latina e far entrare il consigliere comunale Vincenzo Giovannini, primo dei non eletti nelle Civiche Pontine. Rimane però curioso che chi andrà a votare il 4 settembre conosca già il risultato delle altre oltre 90 sezioni che non sono state oggetto di contestazione ad un anno tra l’altro dalle elezioni con scenari economici e sociali mutati. Basti pensare a chi non c’è più, a chi si è trasferito ecc. Anche se si dovessero ammettere alle elezioni solo coloro che avevano i requisiti l’anno scorso, chi non c’è più non potrà di certo votare e chi si è trasferito non avrà la stessa voglia di partecipazione in una città che non sente più sua. Inoltre ci sono quei candidati consiglieri che sanno di non poter essere eletti e che quindi non faranno campagna elettorale o magari troveranno accordi per dirottare i voti più vicini, per non parlare dei candidati sindaci che già sanno com’è finita. Insomma non sarà per nulla facile.

NAZIONALI IL 25 SETTEMBRE – Il 25 settembre sarà la volta delle nazionali. Si tratta di elezioni anticipate. Sul dl Aiuti il M5S ha deciso di non votare la fiducia al governo Draghi e seppur sia passata sia la fiducia sia il provvedimento, Mario Draghi ha deciso di dimettersi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’inserimento nel dl aiuti dell’autorizzazione a costruire un inceneritore a Roma per risolvere l’emergenza rifiuti. Le dimissioni, però, sono state rifiutate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Draghi quindi si è ripresentato al Parlamento chiedendo il rinnovo del patto di fiducia per un governo di unità nazionale ma il centrodestra ha deciso di staccare definitivamente la spina. Il centrodestra che in queste ore si sta incontrando per definire i dettagli della prossima campagna elettorale, è dato per favorito nei sondaggi e si presenterà compatto. Una recente riunione dei big del centrodestra ha deciso alcune importanti cose: il premier del centrodestra spetta a chi prenderà più voti. Attualmente si dà per favorita Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. L’unica certezza per ora, salvo imprevisti dell’ultimo minuto, è che il centrodestra si presenterà compatto. Negli altri schieramenti la situazione è molto incerta. Il Partito Democratico che in base ai sondaggi è il secondo partito italiano ha deciso di rompere l’alleanza con il M5S colpevole di aver innescato la crisi politica. Alleanza che nelle passate amministrative aveva dato buoni frutti e che si è rivelata una buona diga all’avanza del centrodestra. Ma i giochi non sono per nulla definiti. Azione con Calenda che sta andando a gonfie vele nei sondaggi, non sa se correre da solo o con il Pd. Nel caso di alleanza con il Pd, Calenda ha già detto di non voler i 5Stelle.

IL ROSATELLUM – Alle nazionali si voterà con il Rosatellum, un mix tra maggioritario e proporzionale. Con la nuova riforma confermata dal referendum popolare, il Parlamento avrà 345 parlamentari in meno. I deputati saranno 400 (rispetto ai 630 attuali) e 200 i senatori (rispetto ai 315 attuali). Non ci sarà quindi posto per tutti. Un terzo dei parlamentari sarà eletto con il sistema maggioritario. Il territorio nazionale sarà quindi diviso in collegi, il candidato deputato e senatore che prende più voti, viene eletto. Gli altri due terzi dei parlamentari saranno eletti con il sistema proporzionale a liste bloccate. Si vota quindi il partito o la lista prescelta ed entreranno in Parlamento i nominativi in base alle posizioni in lista e alle percentuali ottenute. I collegi saranno 221 (174 deputati e 74 senatori). Ovviamente i partiti cercano alleanze proprio per i collegi, perché qui il candidato che prende più voti vince. 367 parlamentari saranno invece eletti con il sistema proporzionale. Non è previsto il voto disgiunto. Non è cioè possibile scegliere un candidato all’uninominale non collegato alla lista scelta per il proporzionale. Com’è noto non è possibile votare per l’esecutivo: non si può votare per il presidente del Consiglio che viene incaricato dal presidente della Repubblica in base alle indicazioni della maggioranza che si forma in Parlamento.

LE REGIONALI A GENNAIO-FEBBRAIO – Le passate elezioni regionali si sono tenute a marzo 2018 insieme alle nazionali. Quindi le due elezioni non saranno accorpate questa volta. La naturale scadenza è a marzo 2023 ma non si aspetterà marzo 2023. Secondo voci piuttosto ormai date per certe, almeno nel mentre stiamo andando in stampa e salvo sempre cambiamenti dell’ultimo minuto che in politica non sono mai da escludere, Nicola Zingaretti potrebbe essere un candidato possibile per un collegio alla Camera o al Senato. Se sarà eletto, quindi, dovrà dimettersi da governatore del Lazio come prevede la legge. Quindi, se tutto fosse confermato, si voterà nel Lazio verso gennaio-febbraio. Del resto Nicola Zingaretti è al suo secondo mandato e non potrà ricandidarsi governatore. L’unica possibilità è l’elezione parlamentare. La conferma, comunque, che le dimissioni di Zingaretti arriveranno dopo l’eventuale elezione è arrivata dallo stesso Zingaretti in un’intervista a Radio Anch’io poi ampliata dal quotidiano La Repubblica. Quindi verosimilmente le elezioni nel Lazio si terranno tra gennaio e febbraio. Chi sarà il dopo Zingaretti è tutto ancora incerto.

IL TATARELLUM (MODIFICATO) – Nel Lazio si andrà a votare con il Tatarellum modificato. Lo stesso del 2018 che ha messo fine al listino bloccato, ha introdotto la parità di genere e la garanzia di almeno un consigliere regionale per ogni provincia. Nelle modifiche c’è anche l’incompatibilità della candidatura con la carica di sindaco per i comuni superiori ai 20 mila abitanti. È la norma che ha convinto il sindaco Antonio Terra a non candidarsi alle prossime regionali. Antonio Terra, sindaco della città di Aprilia, è al suo secondo mandato e non può più ricandidarsi. Sarebbe automatica la candidatura alle regionali se non fosse che non è interno ad alcun partito politico e la sua eventuale candidatura a consigliere regionale lo costringerebbe alle dimissioni da sindaco. In tal caso Aprilia avrebbe un commissario ed elezioni anticipate. Cosa che ad Antonio Terra non va affatto. Si vota sia per il candidato presidente della Regione Lazio sia per i consiglieri regionali. Viene proclamato presidente della Regione il candidato che ottiene il maggior numero di voti validi sul territorio regionale. A differenza delle elezioni amministrative, non è previsto un ballottaggio in caso di mancato raggiungimento della maggioranza assoluta da parte di un candidato. Inoltre è previsto il voto disgiunto: si può votare un candidato presidente e una lista collegata ad un altro candidato presidente. Sono cinque le circoscrizioni regionali corrispondenti alle province: Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo e Roma. I seggi saranno ripartiti in base alla popolazione residente. I quattro quinti dei consiglieri regionali sono eletti con il metodo proporzionale. Il restante quarto è assegnato come quota di maggioranza alle liste del presidente eletto.

LE ELEZIONI COMUNALI A FINE MAGGIO-INIZI GIUGNO –Le elezioni comunali di Aprilia si sono tenute in primo turno il 10 giugno 2018. Quindi con ogni probabilità si terranno a fine maggio o inizio giugno. Sarà poi il Viminale a scegliere. Antonio Terra non potrà ricandidarsi. Antonio Terra è un sindaco civico, ma già nel 2018 ha sostenuto la ricandidatura di Nicola Zingaretti a presidente della Regione Lazio e ora ha firmato l’appello per Mario Draghi presidente del Consiglio dei Ministri. Quindi c’è una certa vicinanza ad un’area di responsabilità amministrativa intorno al Pd. Nella sua amministrazione del resto si sono avvicinati Azione e l’ex capogruppo del Pd Vincenzo Giovannini. Anche il Pd locale sta trovando la quadra per allearsi alle prossime amministrative con le civiche di Terra. Il centrodestra per ora, è silente ma è chiaro che le elezioni nazionali e regionali, e anche le elezioni al Comune di Latina, influiranno molto sulle alleanze e sulle candidature ad Aprilia. Per ora Terra ha nove liste. Una decima, una eventuale lista civica vicino al Pd, potrebbe essere aggiunta. Ma è ancora presto e sicuramente toccherà aspettare l’esito delle regionali per avere un quadro politico più preciso ad Aprilia. Per le comunali si voterà seguendo le indicazioni del Testo Unico. Si voterà per il candidato sindaco e per un candidato consigliere, con la possibilità del voto disgiunto. Nel caso in cui nessun candidato sindaco arrivi al 50% più uno dei voti, sarà necessario il ballottaggio tra i due più votati.