Lo stipendio di un ospite delle galere italiane passa quasi direttamente dalle sue tasche alle casse dell’amministrazione penitenziaria. 

533

 

 di Lorena Fantauzzi

Sembrano pochi euro, ma per i detenuti italiani la spending review si è tradotta in una vera e propria mazzata: la “quota di mantenimento” che ciascuno deve pagare per ogni giorno trascorso in carcere è passata da 1,61 euro a 3,62 euro al dì. Ora per ogni anno di detenzione si tratta di 1.321,30 euro. Il problema è che quei pochi che hanno un impiego (poco più di 10mila) guadagnano in media 2,50 euro all’ora: si occupano delle pulizie, della gestione della spesa per gli altri reclusi, della manutenzione ordinaria. È quanto mettono alla luce tante donne che vivono questo calvario. ‘Oltre il danno anche la beffa – dichiara una donna che vuole rimanere nell’anonimato e ha il marito ristretto nella casa circondariale di Velletri- per andare a trovare mio marito devo rimetterci di tasca mia . Ti fanno pagare anche la busta per mettere i beni di prima necessità . Ti danno una lista degli alimenti ma non è detto che passa tutto quello che cucino malgrado mi attenga alle regole. Questo è uno scandalo che tutti devono conoscere – continua nel suo racconto la donna- l’altro giorno sono andata a colloquio di mio marito e l’addetta di polizia penitenziaria mi ha fatto riportare indietro gran parte delle cose che avevo portato. Ma questa è ingiustizia? “. Inoltra a tutto ciò l’aggravio di non potersi sedere nell’ampia sala di ingresso da cui accedere per poi andare a colloquio, completamente vuota . Non c’è neppure una sedia e i familiari sono costretti ad attendere fuori in macchina per strada quasi come cani randagi . Se tra i familiari dei detenuti vi sono persone che hanno difficoltà di salute ? Questo non si mette in conto . Ma la busta di un euro e 50 quella viene messa a conto . Continueremo ad informarvi su ciò che la gente non sa a dispetto di quanto si pensi che i detenuti sono a carico dei contribuenti, cari lettori la storia non è questa. Almeno non è quella che vogliono farci credere