NON SOLO I MEDICI: ANCHE I “PICCOLI” IMPRENDITORI ITALIANI SONO DEGLI EROI

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Mezzo milione di piccole e medie imprese sono a rischio chiusura.
In potenziale difficoltà tre milioni di famiglie.
Come uscirne? Come fanno i camaleonti

di Antonella Bonaffini

“I medici, ovviamente. Ma non solo loro. La pandemia ha anche altri eroi e, fra questi, sicuramente i piccoli e medi imprenditori italiani”. Francesco Cardone è un consulente aziendale che, nel corso della crisi sanitaria, ha studiato a lungo gli effetti procurati sulle aziende italiane: “Le pmi -dice Cardone– rappresentano da sempre il tessuto produttivo del nostro Paese. Hanno sempre generato reddito e occupazione, formando diverse generazioni. Mezzo milione (il 10% del totale) ora però sono a rischio chiusura e questo metterebbe potenzialmente in difficoltà tre milioni di famiglie”.

Uno tsunami che rappresenterebbe un duro colpo al tessuto sociale: “Ma una speranza c’è -sostiene Cardone– ed è tutta nel coraggio dei nostri imprenditori. Noi spesso leggiamo che sono sfruttatori, evasori, farabutti. Capaci solo di guardare ai propri interessi. Certo, ci sono. Ma i veri imprenditori sono altro, molto altro. Sono persone in grado di adattarsi ai cambiamenti, anche quelli più duri. Dei camaleonti che ragionano per il bene della propria azienda e quindi del sistema produttivo di cui fanno parte”.

Cardone ha scritto un libro sul tema, dal titolo “Tu sei un eroe”: “In trent’anni di lavoro -spiega- ho conosciuto e aiutato tanti imprenditori e, in loro, ho sempre visto degli eroi. A maggior ragione in questo periodo storico. Con questo libro ho voluto parlare proprio a coloro che spesso si trovano da soli di fronte a problemi e decisioni da prendere. Le spersone non sanno cosa significhi rinunciare alle sicurezze di un posto fisso e, conseguentemente, rinunciare a una vita ‘normale’ pur di inseguire un sogno. Non sanno cosa significhi investire tutto quello che si ha (tempo, denaro, energie e anima) pur di realizzare dei progetti”.

Eroi, dunque. Ma come lo si diventa? “Sono tre -afferma Cardone- i pilastri su cui si basa il successo di un imprenditore. Tre termini che considero imprescindibili: educa, cresci e proteggi. Educa perché fondamentale è la formazione costante e continua sia dell’imprenditore sia dei suoi collaboratori. Cresci perché bisogna puntare sulla redditività aziendale, per poi unirla al concetto di margine di contribuzione. Proteggi perché va tutelata l’azienda e il suo patrimonio. Ma affinché ciò sia realmente possibile, bisogna essere pronti a effettuare un cambiamento, uno switch. Nel momento in cui l’imprenditore si rende conto che il suo prodotto/servizio non rispecchia (o almeno non rispecchia più) i bisogni dei clienti, deve essere pronto a rimettere tutto in discussione. Senza flessibilità, del resto, si rischia solo di farsi del male”.

Ma flessibilità non può far rima con pessimismo: “L’imprenditore -conclude Cardone– deve godersi i momenti di mare calmo e vento in poppa ma non deve mai negare l’evidenza, e cioè che una tempesta improvvisa e inaspettata potrebbe sorprenderlo in ogni momento. È proprio quando non si è alle prese con una crisi, proprio quando non si hanno le mani occupate che bisogna darsi da fare per monitorare e prevenire potenziali rischi. Monitorare il rischio d’impresa, per un imprenditore, significa quindi comprendere che non è importante fare una vendita, ma incassare una vendita. Ciò che conta non è il fatturato, ma la redditività di un’azienda. Spesso gli imprenditori si limitano a parlarmi dell’incremento del fatturato ottenuto, quando però chiedo loro di quanto sia aumentato il loro EBITDA o quale sia il loro Margine di Contribuzione, improvvisamente
ammutoliscono. Questo non va bene e bisogna imparare a fare impresa”.