di Antonella Bonaffini
È solo un orso. Ha scritto qualcuno. No, è un essere vivente, è una madre, è un animale che vive nel suo ambiente naturale e che non può certamente farsi carico dell’ incuria umana. Quando il numero degli orsi iniziava a crescere, qualcuno avrebbe dovuto porsi il problema, prevedere quanto avrebbe potuto accadere, trovare tempestivamente delle soluzioni. Soprattutto perché JJ4 aveva già un precedente per aver aggredito due cacciatori all’uscita di un sentiero. Il tribunale aveva stabilito che dovesse essere abbattuta, per poi sospendere l’ordinanza, con ogni probabilità per il fatto che era madre di tre cuccioli, che senza di lei avrebbero avuto poche possibilità di rimanere in vita. La morte di Andrea Papi ripropone il problema. L’orso viene catturato, allontanato dai tre cuccioli e si trova nella sua uccisione l’unico modo di metter a tacere le coscienze. Forse. Perché vedete, se errare è umano, perseverare è diabolico e se si cerca di vedere in una soluzione (sbagliata) la sola via di uscita, il problema reale, probabilmente si ripresenterà ed allora rispondere sarà davvero difficile. Stupratori, figli che uccidono i loro genitori, uomini che sfigurano le loro compagne. Non mi pare di aver mai visto morire nessuno. Mi sembra pertanto inaccettabile che uno spirito decisionale così spiccato possa coinvolgere un animale, la cui unica colpa è stata quella di trovarsi in un bosco – stava in un bosco non in uno chalet – uno spazio sicuro che avrebbe dovuto custodirlo, non esponendolo ad alcun pericolo e nel quale, forse, per un momento, vedendo una figura arrivare di corsa, l’orso non ha più creduto di poter esser al sicuro. Ed adesso, in molti guardano JJ4 come ad una creatura feroce, una bestia da catturare, persino da uccidere. Molte sono le polemiche esplicitate nei confronti degli animalisti. Se è atroce che Andrea Papi abbia trovato in quel bosco la morte, è altresi terribile che l’orso debba morire. L’individuo umano adoperi il cervello per distinguersi in qualche occasione, lo adoperi per trovare soluzioni, non per emettere sentenze. Dinanzi a simili tragedie, il silenzio resterà sempre l’unica voce che bisognerebbe forse imparare a riconoscer alla parola!