PANDEMIA AD APRILIA: 4,29% IN PIU’ DI NUOVI POVERI

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Focus sul servizio sociale. Numeri da “capogiro” ma questa volta non ci sono fondi nazionali. Almeno per ora                                                                                    Francesca Barbaliscia: “I nostri uffici a lavoro nell’emergenza hanno evitato fenomeni di tensione”                                                                                                    A breve un fondo comunale per gestire la nuova emergenza

di Riccardo Toffoli

 L’8,75% delle famiglie apriliane sono in povertà. La pandemia ha aumentato il numero di coloro che hanno bisogno di aiuto del 4,29% rispetto al 2019. L’assessore Francesca Barbaliscia: “il segretariato sociale ha avuto un incremento di 300 domande nel periodo del lockdown. Coloro che si sono rivolti al servizio sono 7mila. Sono in costante aumento ma tutti i nostri uffici stanno lavorando molto e ciò evita che si verificano episodi di tensione”. Mentre a livello nazionale piano piano ci si sta dirigendo nel vortice del lockdown, le famiglie “fragili” sono sempre più numerose. Si tratta di famiglie che ad Aprilia non hanno i soldi per un piatto di pasta, ma anche per pagare le bollette o comprare le scarpe al bambino che cresce. Di certo ai bambini non si può impedire di crescere o chiedergli di aspettare tempi migliori. Se a marzo e ad aprile, tra fondi regionali e fondi nazionali, ad Aprilia sono “piovuti” circa un milione di euro per aiutare tutte quelle famiglie che si sono trovate senza alcuna entrata, in questo nuovo lockdown pare non ci sia questo cuscinetto. Almeno per ora. Questo milione di euro, quasi tutto speso dal Comune di Aprilia, è servito, per la maggior parte dei casi in pratica, ad ammortizzare la perdita di un posto di lavoro in nero. Questa è stata la realtà di tante famiglie che si reggevano su entrate instabili che non avevano coperture e garanzia di cassa integrazione o sussidi da contratto. Nel solo settore della ristorazione, i tanti giovani assunti a serate ma nel mondo dell’edilizia, dove le autorità negli anni hanno sempre evidenziato criticità, ci sono tanti padri di famiglia che si sono trovati di colpo senza soldi. A marzo e ad aprile governo e regione avevano pensato ad un sussidio. Questo milione di euro è servito per aiutare le famiglie che si sono trovate in stato di bisogno con la pandemia Covid-19. Le nuove strette hanno pensato ai “ristori” alle imprese ma ai lavoratori, quelli in nero, pare non ci abbia ancora pensato nessuno.

7 MILA FAMIGLIE IN BISOGNO – “Nel 2020 –ci spiega l’assessore ai servizi sociali Francesca Barbaliscia- abbiamo avuto un incremento di personale per la gestione delle domande del reddito di cittadinanza. Questa è stata una vera e propria manna dal cielo. Questo personale è passato poi a gestire l’emergenza della pandemia. Con l’organico del 2019, non so come avremmo potuto farcela. A loro va il mio ringraziamento perché si tratta di lavoratori instancabili che hanno saputo gestire la situazione al migliore dei modi. È grazie a questo lavoro che nonostante la gravità della situazione, non sono emersi casi di tensione”. Sono 7 mila le persone che si sono rivolte al segretariato sociale. 300 in più in questo momento di pandemia. Circa un 10% della popolazione apriliana, quindi, vive oggi una situazione di povertà. 3mila500 famiglie hanno beneficiato del pacco alimentare nel corso della pandemia. Si tratta di un pacco settimanale portato nelle case delle famiglie, dai volontari della protezione civile. Nel pacco ci sono generi alimentari di prima necessità. Sono oltre 2mila le domande che invece, sono state soddisfatte per ottenere la scheda prepagata per gli acquisti di generi di prima necessità. Sono le domande finanziate con il tesoretto di un milione di euro da Regione e governo nazionale. “Le domande non devono automaticamente sommarsi –ci spiega l’assessore ai servizi sociali- Alcune famiglie hanno beneficiato sia del pacco alimentare sia del contributo finanziario”. A parte la spesa, i bisogni sono di diverso genere. Ci sono famiglie che non hanno i soldi per pagare le bollette o comprare le scarpe al bambino. “Abbiamo intenzione di attivare ora un fondo comunale –ci spiega Barbaliscia- per far fronte alle nuove esigenze dovute alle misure restrittive per contenere il contagio. Sarà composto da residui di finanziamenti passati e di nuovi finanziamenti prettamente comunali, con la speranza che siano sufficienti per tutti”.

2000 FAMIGLIE ASSISTITE DA REDDITO DI CITTADINANZA

Sono 2mila le persone che hanno presentato domanda per il reddito di cittadinanza. Diversi controlli effettuati dal servizio sociale, hanno evidenziato che la situazione non è falsata e che le famiglie che hanno presentato domanda sono veramente in difficoltà. Su 2015 domande presentate, si contano sulle dita di una mano, le persone che sono state escluse perché non avevano i titoli. Di questi 2000 beneficiari di reddito di cittadinanza, 800 sono seguiti dal servizio sociale. Si tratta del 40% dei casi. Sono persone che oltre ad essere inserite nelle liste dell’ufficio di collocamento perché sono in cerca di occupazione, hanno anche ulteriori difficoltà di tipo sociale. “Queste persone firmano un patto per l’inclusione –ci spiega l’assessore Barbaliscia- perché non hanno solo bisogno di un lavoro, ma c’è un bisogno più allargato alla famiglia. Il patto per l’inclusione punta, in generale, al miglioramento della qualità della vita della famiglia. Faccio un esempio. In diversi casi c’è stata l’esigenza della formazione. Per questo i soggetti beneficiari del reddito, si sono impegnati a seguire un corso di formazione per qualificarsi o anche un corso scolastico generale. Insomma ogni persona che firma il patto di inclusione deve fare un percorso più ampio che non si rivolge solo al mondo del lavoro”.

PARTONO I PUC: A BREVE I PRIMI 3 BENEFICIARI DI REDDITO IN SERVIZIO ALLA COLLETTIVITA’ – Che cos’è un Puc? “Si tratta di un progetto utile alla collettività –risponde l’assessore Barbaliscia- che nasce dalle indicazioni legislative. Parte dal presupposto che, se si beneficia di un contributo pubblico come il reddito di cittadinanza, è giusto ricambiare con un impegno per la collettività”. Il Comune di Aprilia ha chiesto ad ogni settore quanti potessero essere inseriti. Da questo planning è emerso il quadro delle disponibilità. “Vorrei chiarire alcuni punti –spiega Barbaliscia- va innanzitutto detto che le persone che sono inserite nei Puc, vanno ad aiutare il personale attualmente in servizio. Quindi non sono sostituti né tanto meno possono svolgere ruoli autonomi. Il secondo punto da chiarire è che non si tratta affatto di un inquadramento organico né di un’attività di tirocinio. Sono cose nettamente distinte”. Il servizio sociale ha stabilito comunque dei “paletti” entro i quali le persone individuate, possono intervenire. I settori dove andrà una buona parte del personale sono il tecnologico, l’urbanistica e la biblioteca. Si tratta ad esempio di aiutare a pulire gli edifici comunali oppure a curare il verde pubblico o, per chi ha competenze, a fare piccoli lavoretti di manutenzione. Le ore variano dalle 8 alle 16 settimanali da un minimo di 2 mesi fino a quattro mesi. Ma il periodo di durata è variabile e flessibile. Non si tratta di tirocinio, fanno sapere i servizi sociali, ma chiaramente l’esperienza maturata permetterà di acquisire delle competenze da spendere nel mondo del lavoro. “L’iter è stato molto lungo –ci dice Barbalisca- e i nostri uffici hanno trovato non poche resistenze. Alcune persone contattate, non hanno risposto e abbiamo dovuto inviare persino delle raccomandate. Altre hanno risposto che non erano interessate o che, addirittura, avevano altro da fare. Altre ancora sono cadute dal pero. Insomma non è stato facile far capire, invece, l’importanza di questo strumento”. Il servizio sociale, infatti, dopo aver individuato i settori e fatto un piano di necessità, ha iniziato a contattare i firmatari del patto di collaborazione (ma alcuni sono stati individuati anche dagli uffici di collocamento) per capire le attitudini e le affinità ed eventualmente proporre un puc. Non tutti hanno accettato la proposta. Ora la domanda nasce spontanea: ma chi non accetta la proposta, continua a beneficiare del reddito di cittadinanza? “Dipende dalla situazione –ci spiegano dai servizi sociali- se la risposta negativa è motivata, non scatta alcun provvedimento”. Poi ci sono gli escamotage che consente la normativa. Ma, se questa situazione può in qualche modo apparire molto strano o fare scalpore, ribaltiamo la domanda. Cosa succede se un soggetto viene obbligato a fare delle ore per la collettività di cui non ha alcuna propensione? O peggio: che succede se perde l’unico sussidio che gli permette di andare avanti? Quindi grande è il lavoro di dialogo con le famiglie che permette al servizio sociale di convincere piuttosto che costringere.

IL NUMERO DELL’EMERGENZA – “Vorrei far presente –ci dice Barbaliscia- che il servizio sociale è sempre disponibile per ascoltare tutti e far fronte a tutte le necessità”. È attivo un numero: 06/92018612 che è un primo punto di ascolto. “Tutti possiamo trovarci ad avere delle difficoltà nella vita –lancia un appello Francesca Barbaliscia- il mio invito è a chiamare e parlare con noi. Non ci deve essere alcuna vergogna. Né tanto meno, mi rivolgo specialmente a chi ha perso il proprio lavoro in questa emergenza che non era proprio regolare, i nostri uffici fanno indagini di chissà quale natura. Tutte le domande che rivolgono, sono solamente per capire e quindi, cercare di risolvere al meglio, la situazione di svantaggio”.