«Ricostruire il paesaggio. Fatti e memorie dal recente passato. Difendere e proteggere il territorio dallo sfruttamento» è il titolo dell’evento, realizzato a cura delle associazioni Città degli Alberi e Aprilia Libera, che si è svolto giovedì 6 luglio dalle 17:00 nella sala del Comitato di Quartiere Primo, in via Ugo La Malfa n. 11. In apertura dell’evento è stato proiettato il primo segmento del documentario «Buon riposo e l’Oasi dimenticata», prodotto dal regista Nicola Fabrizio (SteNIKvideo) e curato dalla giornalista Carmen Porcelli: la ricostruzione storica della nascita dell’Oasi, a cavallo tra le antiche tenute di Fossignano e Gogna – Sant’Appetito e appunto, Buon Riposo, il cui nome comparve per la prima volta il 31 maggio 996 d.C. al Monastero di S. Alessio all’Aventino con Ottone III: lì all’interno dell’Oasi, dove oggi sorge la Tenuta Calissoni , fu eretta una chiesa dedicata alla Madonna del Buon Riposo, dove i monaci praticavano l’ospitalità, consentendo il riposo ai viandanti e ai pellegrini di passaggio. L’oasi fu istituita nella seduta del Comitato provinciale caccia di Latina con la delibera n. 45 del 31 maggio 1978, su richiesta di Italia Nostra del 10 giugno 1977 e con il sostegno di alcuni cittadini apriliani amanti della natura, come Franco Calissoni, Franco Verzili, Bernardino Tofani. La Regione Lazio con la delibera n. 236 del 5 febbraio 1979 ufficializzava in forma pubblica la sua istituzione, ratificata successivamente dal Commissario di Governo con verbale n. 386/90 del 28 marzo 1979. Pensate che il Comune di Aprilia, così ha scritto lo storico Bernardino Tofani, aveva incluso il sito archeologico di Longula nel Piano Regolatore, ma oltre alle intenzioni non si è mai andati. Proprio questa zona, quella compresa tra le antiche tenute a nord di Aprilia, è oggetto di continue rappresaglie, ultima proprio la zona del Buon Riposo, via Pontoni, indicata dal commissario straordinario, nominato dalla giunta regionale uscente per individuare un sito idoneo ad ospitare una discarica. Una assurdità, se pensiamo alla bellezza del paesaggio. Rosalba Rizzuto, geologa e ambientalista, ha riportato su una mappa le aree archeologiche, i siti inquinati e le aziende agricole di eccellenza. «Parliamo di archeologia – ha detto la dottoressa Rizzuto – perché è un approccio di sostenibilità che ci guida nel valorizzare le caratteristiche territoriali, la memoria storica dei luoghi e le attrattive che Aprilia avrebbe ragione di portare avanti, per avere una economia non più basata sul consumo e lo sfruttamento del territorio, quanto sulle emergenze storico-culturali. L’articolo 9 della Costituzione, che tutela i beni culturali e il paesaggio, ad Aprilia è stato finora disatteso; esiste il Dlgs 42/2004 Codice dei Beni culturali che, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, mira ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. Infine, ne parliamo perché c’è anche un DPCM del 14 febbraio 2022 sull’archeologia preventiva, da fare ogniqualvolta su un territorio viene proposto un progetto che possa avere degli impatti sull’ambito storico-archeologico. È emblematico notare che in Italia abbiamo più di 25.000 siti archeologici protetti, ad Aprilia neanche uno e questo la dice lunga nonostante disponiamo di un vasto patrimonio. Ci sono un’altra ventina di progetti sul nostro territorio che riguardano ancora rifiuti e fotovoltaico su aree a destinazione agricola». Al termine della presentazione, è stato proiettato un altro contributo video: l’intervista alla signora Francesca Calissoni, dell’omonima Tenuta, che ha ricordato l’opera di suo padre, l’ex sindaco Franco Calissoni, per convertire l’area corrispondente all’oasi di Buon Riposo impiantando ulivi, proteggendo la fauna e realizzando un lago artificiale. «Non capisco perché si sono fissati a fare una discarica proprio qua, noi modestamente siamo un’eccellenza del territorio: se venissero qui a costruire una discarica saremmo costretti a chiudere tutto». Il secondo contributo esterno al primo segmento del documentario è stata l’intervista al Dott. Enrico Corradi, Laureato all’Accademia di Belle Arti e da sempre impegnato nella ricerca archeologica: «Ho censito le aree di interesse archeologico in un libro che ho iniziato nel 2000 e che è in continuo aggiornamento, abbiamo oltre quattrocento aree archeologiche. Occorre creare un museo, abbiamo tanti reperti conservati, nuovi materiali archeologici portati alla luce fino a qualche anno fa, ma bisogna capire se questo materiale si trova ancora presso la sala n. 5 della biblioteca, parliamo di migliaia di reperti. L’amministrazione deve seguire questi processi, ma ci devono essere persone competenti a gestirli, l’assessore all’urbanistica Boi, realmente appassionato di ambiente e di storia, è una delle persone che ha veramente calcato il territorio e confido nel suo impegno». In chiusura è intervenuto Roberto Boi, ingegnere ambientale e geometra, assessore all’ Urbanistica del Comune di Aprilia con delega alla Definizione delle politiche di pianificazione e sviluppo del territorio: «Porremo il vincolo archeologico certamente, ma con attenzione alle antropizzazioni; ad Aprilia abbiamo diversi nuclei spontanei oggetto di recupero, quindi hanno poco a che fare con la campagna romana, tutto il resto va tutelato e vincolato. Con Gianfranco Emiliani, Enrico Corradi e Gianfranco Compagno fondammo l’Archeoclub di Aprilia. Siamo a due passi da Roma, siamo stati territorio dei Rutuli, di Ardea e di altre presenze. Fin dall’antichità, le civiltà si sviluppano accanto ai corsi d’acqua d’acqua, Aprilia era una città ricca di sorgenti, sorgenti lineari (tutti i fossi), i cui bacini imbriferi vanno uno dall’apparato Vulcanico verso Campoverde (Bacino dell’Astura), dove abbiamo la localizzazione di molti siti, come il Laghetto di Monsignore, che è una stipe votiva; mentre l’altro che dai castelli si dirige verso Montagnano, Ardea verso il mare (Bacino dell’Incastro), ricchissimo di siti. Ad Aprilia ci sono tracce dalla preistoria fino al secondo conflitto mondiale, un territorio dunque ricco di storia, al di là di quello che si immagini, nonostante che, nelle lavorazioni durante la fondazione di Aprilia, siano stati dissodati terreni con giganteschi erpici, che hanno agganciato e distrutto molti reperti».
Nel corso dell’assemblea dal titolo «Ricostruire il paesaggio. Fatti e memorie dal recente passato. Difendere e proteggere il territorio dallo sfruttamento» realizzato a cura delle associazioni Città degli Alberi e Aprilia Libera, per il consueto appuntamento Voci dai territori, è intervenuto il dottor Marino Ruzzenenti, Storico dell’Ambiente, per www.ambientebrescia.it, un gruppo di cittadini che da anni lottano contro l’inceneritore A2A, sorto nel centro della città di Brescia e che ha peggiorato di molto le condizioni di vita dei bresciani. Dopo la mappatura dell’area tra Buon Riposo, Fossignano e Cogna da parte della geologa Rosalba Rizzuto che ha rappresentato «su una mappa tutte le emergenze evidenziando le aree archeologiche note tra il territorio di Buon Riposo, Cogna e Fossignano, le colture biologiche e biodinamiche intercluse nel nostro territorio e le aree interessate da discariche cave e fotovoltaico ed è un disastro» ha evidenziato che in ballo ci sarebbero un’altra ventina di progetti sul nostro territorio che riguardano ancora rifiuti e fotovoltaico su aree a destinazione agricola. Il Dottor Marino Ruzzenenti ha elencato i problemi derivanti dall’esposizione ad un impianto di incenerimento: «A Brescia abbiamo delle caratteristiche molto simili alla vostra città con la differenza che la nostra città ha una industrializzazione molto antica, abbiamo una eredità pesantissima di emergenze ambientali legate a questo passato, per questa ragione si è creato un coordinamento di tutti i vari comitati che si impegnano su diversi problemi, non solo l’inceneritore. La gravità della situazione di Brescia è che al passato pesantissimo di inquinamento, si sono aggiunti altri impianti ed iniziative, una di queste è l’inceneritore, contro il quale combattiamo da più di venti anni, collegato al teleriscaldamento per il recupero di energia elettrica e termica. Questo inceneritore era stato progettato per trattare i rifiuti della città e della provincia, in realtà è stato poi costruito in dimensioni esagerate – come avviene peraltro quando si cerca di realizzare un inceneritore – che rende economicamente quanto più è di grandi dimensioni. Oggi quell’impianto brucia 730mila tonnellate all’anno, importiamo rifiuti da tutta Italia, non solo urbani, ma anche speciali, con un impatto ambientale notevole. Le emissioni sono importanti, dai microinquinanti, alle diossine, ai PCB e metalli pesanti, ma anche macroinquinanti, che fanno sì che la città di Brescia sia una delle più inquinate d’Europa. L’impianto deve sempre funzionare a regime, inutile fare sforzi per ridurre i rifiuti, se poi se ne importano sempre di più. Nei terreni intorno all’inceneritore a sud di Brescia non è più possibile produrre foraggio per le mucche, perché il latte è risultato inquinato dalle diossine ed è stata vietata la produzione del latte attraverso il foraggio di quel terreno. A Brescia si fanno grandi mobilitazioni ambientali, il Comitato Basta Veleni nel 2019, una domenica, ha portato 15mila cittadini a manifestare contro l’inceneritore, al momento da due anni c’è un presidio alla Prefettura per la difesa di un fiume nella centralissima Piazza Paolo VI. Dopodiché il problema è molto semplice: A2A è controllata dall’ amministrazione comunale, l’inceneritore produce molti profitti che vanno al 25% al Comune di Brescia, A2A fornisce l’acqua calda, e fissa le tariffe, qualunque amministrazione che va ad amministrare, sia di centrodestra che di centrosinistra, ha finora disatteso tutte le aspettative di eliminare la terza linea di lavorazione per ridimensionare l’impianto, si ha interesse a gestire i profitti di A2a ed è molto difficile smontare questa trappola, se in cambio ci sono incassi da 80 milioni».Al termine degli interventi dei relatori è seguito il dibattito: Giacomo Castro, presidente uscente Latium Vetus, l’associazione che ha chiesto vincolo sulla campagna romana, e neo consigliere comunale del Comune di Pomezia ha messo in evidenza l’esistenza di un problema contingente: «Aprilia ha un paesaggio di grandissimo valore e che è a rischio, la nostra associazione era in Sovrintendenza e dalla mappatura delle Valutazioni di impatto ambientale per realizzare dei parchi fotovoltaici abbiamo compreso che il territorio di Aprilia è preda di una speculazione fuori controllo, centinaia di ettari per il fotovoltaico! Se non interveniamo velocemente dovremo accettare un cambiamento del paesaggio, intere colline rivestite di fotovoltaico, una campagna che da verde diventerà blu. Passa il messaggio che il fotovoltaico è bello, ma se non blocchiamo tutto questo consumo di suolo, metteremo a repentaglio la bellezza del suo territorio. Aprilia deve scegliere che territorio vuole essere». Infine, Gianni Battistuzzi presidente di Città degli Alberi ha ricordato come il sito dove ha operato per vent’anni l’azienda IK non sia stato mai bonificato. Durante gli interventi finali dell’assemblea è stata proiettata la raccolta di immagini aeree del fotografo Pierino Cucciardi, realizzata in occasione degli ottanta anni della città di Aprilia, dalla quale è emersa la profonda trasformazione subita dal territorio.