di Antonella Bonaffini
Quanto è accaduto in Congo colpisce in pieno cuore il nostro paese.
L’ uccisione del console Attanasio e del militare che lo accompagnava, Vittorio Iacovacci, è un atto di una gravità estrema. Due uccisioni per cui l’Italia in questo momento è attonita e trema. Ma non di paura. Di commozione. Perché? Siamo forse figli di un Dio minore? In quell’agguato muore un marito, un fidanzato, muore un padre, muoiono due figli. Entrambi vocati al prossimo, erano in Congo per espletare una missione di pace, pienamente consapevoli di essere ospiti in una terra che di pacifico, purtroppo serba ben poco. Ed allora perché muoversi in quel modo incauto? L’ Onu dovrà dare delle spiegazioni ma prima ancora che arrivino delle spiegazioni da parte dell’Onu, bisognerebbe forse trattare più a fondo quanto accaduto direttamente in casa nostra. Insieme a loro muore una terza persona, l’autista Mustapha Milambo, sposato, laureato, una vita spesa per la cooperazione internazionale, un giovane di cui nessuno parla ma che, seguito dai nostri connazionali, durante l’atroce agguato è il primo a cadere. Nessuno si prende la responsabilità di quanto accaduto ma una esecuzione di quel genere, richiede delle risposte e le richiede subito. Oggi le salme di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci alle 23 arriveranno a Roma, accompagnate dalla moglie di Attanasio e dalle tre figliolette. La famiglia del console è in viaggio per raggiungere Roma su un suv, questa volta scortato. Eppure alcune banalissime domande rimarranno senza risposta, senza una risposta che sia credibile. Perché il console Attanasio non viaggiava su un auto blindata, perché non aveva al seguito una scorta? Il blindato stava per arrivare, la scorta era stata richiesta. Eppure a morire, la sensazione che si ha, è che siano stati lasciati da soli.