di Antonella Bonaffini
In Italia stiamo proprio messi male, anzi malissimo. Siamo arrivati alla frutta, saltando persino il dessert!
E la cosa peggiore è che l’Istat, l’ente che elabora le statistiche ufficiali per il nostro paese, ha smesso ormai di contare. Dal 2012 sono in totale 988 in Italia i casi di suicidio per motivazioni economiche, mentre sale a 717 il numero dei tentati suicidi, secondo l’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” che pubblica i dati che riguardano questo triste fenomeno. E se all’inizio, a essere particolarmente colpita era la categoria degli imprenditori, oggi i dati mostrano come l’incidenza sia cresciuta soprattutto tra i disoccupati. Dal 2012 ad oggi sono infatti il 41,8% gli imprenditori suicidi ed il 40,1% quei disoccupati che, a causa della perdita del lavoro o dell’impossibilità oggettiva di reinserirsi nel mercato, probabilmente a causa dell’età, hanno scelto di togliersi la vita. A questi, si aggiunge quel 12% di coloro che un lavoro l’avevano già ma che, a causa della crisi che da anni sembra ormai aver inghiottito il nostro paese, hanno visto nel suicidio l’unica via di uscita. Per ciò che riguarda la distribuzione geografica del fenomeno, l’Osservatorio rileva una crescita maggiore nelle regioni meridionali. I suicidi al Sud passano nell’ultimo anno dal 14,6% al 31,8. Ma possibile che non si possa far nulla per fare il modo che lo stato intervenga, per evitare che si arrivi a vedere nei gesti più estremi l’unica soluzione?
Possibile che non si possa far si che gli imprenditori colpiti, siano assistiti nella ricerca di soluzioni adeguate?
Per ogni imprenditore che muore, ricordiamo che dieci, cento, mille famiglie, non avranno più da mangiare e ciò che è triste è che in quello che rischiamo di vendere al mondo intero come il Paese del malaffare, un uomo onesto che fa fatica a pagare il salario ai propri dipendenti, viene lasciato completamente solo, e dignitosamente, pone fine ai suoi giorni. Come se la morte potesse riscattare il rispetto per la propria persona che, inconsapevolmente o meno non importa, chi avrebbe dovuto rappresentarlo, ha invece voluto sottrargli. Ma siamo certi di esserci davvero resi conto della direzione verso la quale stiamo andando? Vicende che un tempo destavano stupore, sembrano adesso esser recepite con totale assuefazione, ma attenzione, perché precipitare potrebbe essere davvero un attimo. E nel prendere consapevolezza della catastrofe, potremmo imbatterci improvvisamente nel mancato riconoscimento delle subdole attenuanti, perché benchè se ne dica e comunque la si voglia apostrofare, uno Stato che abbandona i suoi figli, è uno Stato che muore.